In cerca di una guida

Scrivo qui alcune mie considerazioni per far chiarezza sui vari tipi di “coach”, tra motivatori improvvisati e gente che si crede ‘stocavolo perché “prima di fare il coach, ho fatto il manager” (che, soprattutto in Italia, si traduce spesso in: sono entrato in un’azienda come scaldavivande dei dipendenti veri e per qualche mese ho fatto il capo di me stesso, quindi sono una persona che ne sa, fidati dei miei consigli!”). Quello che sempre più persone cercano è qualcuno che dispensi consigli e li guidi, una via di mezzo tra un santone che li conduca verso l’illuminazione, uno psicologo che li ascolti/tranquillizzi ed un grillo parlante che ripeta che ciò che non siamo produttivi abbastanza. Totalmente comprensibile, questa esigenza di cercare qualcuno che illumini la via:
– la società diventa sempre più complessa in un modo non lineare (fino a pochi secoli fa, il modo di vivere rimaneva pressoché identico in un intervallo di 4 o 5 generazioni; i nostri nonni vivevano in un mondo sensibilmente diverso rispetto ai nostri genitori; ora addirittura avvertiamo profondi cambiamenti all’interno della stessa esistenza), quindi è difficile emulare perfettamente lo stesso modo di vivere dei nostri genitori;
– non ci sono “istruzioni chiare”, nè chiari pro e contro per tutto ciò che è nuovo, già semplicemente per il fatto che mancano osservazioni a lungo termine;
– i luoghi un tempo preposti ad insegnare la vita sono ora intrinsecamente obsoleti: la scuola pensa ancora che sia più importante studiare a memoria Carducci rispetto a capire come “imparare ad imparare”, capire il testo di una ricerca scientifica, evitare di farsi raggirare, affrontare le diverse situazioni nella propria vita e valutare possibili scelte di carriera; i genitori e i parenti prossimi non hanno spesso nè gli strumenti nè la voglia di capire il mondo che evolve, quindi, benché in buona fede, possono dare consigli totalmente fuori contesto;
– collegato al punto sopra, viviamo immersi in un’immensa quantità di informazioni, spesso distorte (volutamente o meno) e affogate in un mare di rumore, dove diventa spesso molto impegnativo riuscire a capirci qualcosa.

Per questi ed altri motivi, stanno spuntando sempre più figure (più o meno) professionali che erogano il servizio di “coach”. Lo stesso concetto si applica a grandi linee a chiunque (professionista o fuffaguru) eroghi servizi asincroni/offline o venda prodotti, che siano corsi, libri, audiolibri/podcast ed altro, ma nello specifico mi riferisco a consulenze 1:1, in teoria ritagliati ad personam sul singolo “assistito”. Importante sottolineare che non è un rapporto unidirezionale, come quello che può essere con un formatore ad un corso specialistico, perché si lavora insieme, con continui feedback da parte del cliente. Come direbbero alcuni psicologi: l’approccio ideale non è quello del falegname/artista che cerca di scolpire con accetta e scalpello un ceppo di legno finché non assume la forma che ha lui in mente; è auspicabile che il coach si approcci al cliente come un giardiniere che aiuti la pianta a crescere nel modo migliore possibile secondo genetica ed ambiente, senza pretendere che un melo si comporti come un ciliegio. Ed esattamente come avviene per il giardiniere che segue la pianta per un certo periodo, anche il coach è una figura che affianca il cliente per un certo intervallo di tempo: a seconda dei casi, possono essere appuntamenti settimanali per tre mesi oppure una serie di telefonata mensili per sei mesi e possibili “follow-up” a distanza di tempo.

Benché sia un’attività che impatta sulla cosa per noi più importante (la nostra vita) non è assolutamente detto che debba essere svolta in maniera noiosa 🙂
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Una guida per ogni occasione

Esistono “allenatori” per qualunque aspetto dell’esistenza e in diverse modalità, ma per semplicità li raggruppo grosso modo in queste categorie:

  • Lavoro (generico). Appartengono a questa macrocategoria tutte quelle figure che hanno l’obiettivo di guidare il cliente in diversi aspetti del lavoro: partendo dalla situazione attuale, valutare punti di forza e debolezze, oltre ad eventuali aspirazioni; dopo aver ben capito quali siano i valori e gli obiettivi che si vogliono perseguire, il career coach valuta se sia il caso di migliorare alcuni aspetti specifici per un avanzamento di carriera, un cambio di lavoro (o iniziare una seconda attività), spostamento “in diagonale verso il basso” (cambiare percorso e contemporaneamente puntare ad una posizione con minori responsabilità), ma anche mantenere e consolidare la situazione attuale, non tutti hanno le stesse ambizioni ed ogni fase della propria vita può richiedere diverse valutazioni. Solitamente, dopo un’analisi strategica, si passa a livello tattico e il percorso si finalizza in azioni pratiche, come modifiche al proprio CV e lettere di presentazione, gestione della presenza professionale online, consigli su colloqui e negoziazione (salariale e di mansioni assegnate). Un bravo career coach è una persona che ha studiato almeno le basi di psicologia ed organizzazione del lavoro, ha continuato ad aggiornarsi con libri/corsi ed ha anche esperienza possibilmente diversificata. Idealmente, si dovrebbe arrivare ad un livello di dettaglio che va ovviamente oltre al comune buon senso, ma è bene ricordare che “l’ultimo miglio” (ad esempio: personalizzazione della lettera) spetta sempre al cliente.
  • Lavoro (specifico). A differenza del caso precedente, qui troviamo quelli che potremmo definire dei “mentori” nel proprio settore specifico (attuale o della carriera che vorremmo iniziare). Detta brevemente: qualcuno che conosce molto bene la carriera che vogliamo intraprendere ed idealmente è passato anche dalla nostra specifica posizione. In questo caso, si arriva ad un livello di dettaglio importante, fino ad arrivare addirittura a consigli operativi: se ho in mente di diventare un programmatore informatico in una multinazionale tecnologica, cercherò il consiglio di qualcuno che ha lavorato tanti anni in quel ruolo in una big tech e che ha effettivamente fatto una carriera simile a quella che penso mi piacerebbe (vedi anche Designing Your Life: Build a Life that Works for You (with interactive mind map!), in particolare Nel costruirsi una nuova opportunità professionale). Teniamo comunque sempre a mente che non tutto è perfettamente replicabile, molte condizioni e fattori intrinseci ed estrinseci saranno diversi da caso a caso.
  • Gruppi. Che siano squadre sportive o gruppi di lavoro, i team coach puntano ad insegnare a gruppi di persone come lavorare in sinergia per ottenere il massimo risultato per tutta la squadra. In tal caso, ci si aspettano anche delle forti basi di psicologia sociale per capire bene le dinamiche dei gruppi, oltre a conoscere ovviamente il settore di riferimento: benché possa essere un coach “generico”, è solitamente calato nel settore di riferimento. Quand’ero in accademia, venne a “farci lezione” un allenatore della nazionale di calcio, che parlò delle sue linee guida nel gestire gruppi di persone verso un unico obiettivo, ma di certo non erano indicazioni puntuali applicabili nella gestione di collaboratori militari in missione.
  • Leadership. Questi coach possono essere visti come degli estremi riassunti ed applicazioni di quello che si studia e pratica in un master executive. Sperando di non incappare in un motivatore che impone le mani urlando “libera il tuo potenziale!” o “conduci i tuoi collaboratori alla battaglia”. Spesso, soprattutto in quest’ambito, non mancano personaggi improvvisati, con studi carenti ed esperienze lavorative non così impressionanti. Date un’occhiata al passato di questi coach e cercate di vedere “la ciccia” dietro le buzzword appariscenti e frasi/disegni ad effetto.
  • Vita. Può suonare un po’ megalomane, ma esistono diverse persone che erogano servizio di life coaching. Questo perché in realtà nessuno ci insegna a vivere; in teoria dovremmo impararlo durante la scuola dell’obbligo e dalla nostra famiglia di appartenenza, ma (salvo rarissimi casi virtuosi) impariamo solitamente a conformarci alla massa (soprattutto sotto pressione di genitori e parenti prossimi) e a rigurgitare inutili nozioni secondo i programmi ministeriali del ministero D(‘)istruzione. Quindi impariamo a memoria dei brani tratti da “I promessi sposi”, ma nessuno ci dice come si gestisce la finanza personale, come si possono organizzare i propri spazi ed il proprio tempo, le relazioni interpersonali e persino la propria salute (non è detto che il life coach debba essere un medico per dispensare consigli pratici e seri, ma in tal caso pretendete delle evidenze scientifiche a supporto, prima che vi propinino integratori, cristalli, amuleti o altre sciocchezze costose ed inutili, quando non dannose). Essendo “la vita” un argomento estremamente vasto e complesso, se poi si vuole arrivare ad un livello di dettaglio molto spinto occorrerebbe rivolgersi a coach per sottocategorie specifiche. Un life coach in genere può darti una visione d’insieme su cosa cambiare/migliorare con buoni risultati medi, ma se poi vuoi arrivare davvero ad un livello superiore in uno o più ambiti, è necessario rivolgersi a qualcuno di nicchia (fermo restando che un life coach potrebbe benissimo essere esperto di uno o più argomenti, ad esempio in temi di finanza personale pur non essendo però un consulente finanziario abilitato; oppure potrebbe essere estremamente appassionato e rigoroso in alimentazione pur non essendo un nutrizionista o un medico). Il caldo consiglio, anche qui, è di cercare qualcuno che abbia possibilmente esperienza pratica degli argomenti di cui parla: non so quanto ci si possa fidare dei consigli sulla vita di coppia e di come crescere dei bambini da parte di un prete cattolico, per esempio – eppure, c’è chi chiede consigli, non mi sento di giudicarli, ma personalmente eviterei. Per i casi specifici, esiste l’ultima categoria:
  • Vari ed eventuali. Qui inserirei tutti i vari coach “di nicchia”/specifici, dal personal trainer a chi ti consiglia i libri di narrativa da leggere. Per tornare al punto di prima: un life coach può consigliarti un approccio minimalista anche nella gestione dei propri oggetti e del proprio spazio, ma se si vuole consultare qualche professionista esistono addirittura dei coach in merito, in stile Marie Kondo (che a proposito: boni tutti a fa’ il guru minimalista, finché non arrivano i figli, cara la nostra Konmari). Soprattutto in questi casi, data l’elevata specializzazione, ci si aspetta che il curriculum del coach nello specifico ambito sia più che decente: se cerco un “travel coach”, mi aspetto che sia stato qualche volta fuori dal suo paesello e che abbia aiutato singoli e gruppi ad organizzare con successo viaggi non ordinari.

Ci sarebbero poi altre categorie mistiche/ibride come i “mental coach“, ma solitamente si declinano in una delle precedenti categorie (e in quel caso, per tutto ciò che esula da metodi di studio o memorizzazione basati su evidenze scientifiche, è più che altro fuffa che porta a pagare un sacco di soldi qualcuno che ripete “ce la puoi fare” o “tu hai il potere”); questi “allenatori mentali” li considero validi solo nella misura in cui insegnino come sbloccarsi da alcune situazioni (importante, ancora una volta: non patologiche, non sono psichiatri nè psicologi) e guidare verso una consapevolezza dei propri mezzi, oltre che insegnare modi per potenziare le proprie capacità. Potrei definirli dei “meta-coach”: le tecniche da loro insegnate servono solitamente a sviluppare strumenti per poter essere più indipendenti, per dirla come il noto proverbio “non regalare il pesce, ma insegnare a pescare”.

Come scegliere un coach

Qui posso riportare la mia personale esperienza: ho avuto possibilità di usufruire gratuitamente (pagato dal datore di lavoro) di un servizio di coaching erogato da una nota multinazionale del settore, in particolare sui temi di career coaching. Ho potuto scegliere tra diversi coach e la mia scelta è ricaduta su un ingegnere: è importante, quando possibile, scegliere qualcuno che ci sia particolarmente affine; non è strettamente necessario, ma parlare con qualcuno che parla la nostra stessa “lingua” (stessa esperienza, formazione e probabilmente molti modelli mentali condivisi) aiuta parecchio. Nel mio caso, quindi, era un’altra persona pragmatica, per me importante perché su questi temi di crescita personale spesso ci si può imbattere in tipologie di persone con metodi discutibili, che ad esempio credono ciecamente al“La legge dell’attrazione” dei coniugi Hicks e baggianate new age d’ogni sorta. Come accade con la scelta di psicoterapeuti, infatti, è importarte potersi fidare dei metodi utilizzati perché, quando si tratta di interazioni umane, ci sono in gioco affinità tra persone e metodologie, visto che si tratta di “scienze molli”, in cui esistono diverse terapie/metodi ma nulla “funziona” in maniera certa con tutti allo stesso modo.

Funziona?

L’importante premessa è che, proprio come in psicoterapia (anche se il coach non è un terapeuta), l’intervento sarà tanto più efficace quanto più ci si apre al coach e si dice tranquillamente il proprio punto di vista, i propri pregi e difetti percepiti (importante come sempre la consapevolezza di sè e del proprio ambiente), le proprie aspirazioni e difficoltà. Se ad esempio ci si vergognerà di dire che una delle proprie ambizioni è guadagnare più soldi per colpa di un taboo sul denaro o che si vuole lavorare il meno possibile per non dare l’impressione di essere uno sfaticato, difficilmente il career coach potrà fornire un valido aiuto in quella direzione. Il coach non è un professore in cattedra in una lezione frontale che ripete sempre le stesse nozioni a tutti, ma qualcuno che ci affianca, cercando di vedere la vita dalla nostra prospettiva, è quindi fondamentale dargli tutte le possibili coordinate per far in modo che possa davvero vedere dove siamo “con i nostri occhi” e guidarci verso i migliori percorsi per la destinazione che vogliamo raggiungere, con le nostre capacità.

Il secondo punto riguarda ovviamente il coach: dopo averlo scelto, è fondamentale entrare in sintonia e, se ci sono divergenze su alcuni argomenti, farlo subito notare, senza aver paura di offendere (ma ovviamente sempre con i dovuti modi: educati ma sinceri). Se il coach è un professionista, infatti, avrà una solida cassetta degli attrezzi: se lo strumento inizialmente utilizzato con noi non funziona, cambierà approccio. Alcune persone sono sensibili ad un modo d’agire analitico e calcolatore, altre sono più sentimentali ed hanno bisogno di una visione più vivida per essere motivati. Basterà comunicare al coach che non ci si trova ad esempio con un’analisi SWOT e lui potrà optare per una dashboard visuale su cui inserire graficamente i propri obiettivi (molti strumenti si possono in realtà utilizzare in maniera non mutuamente esclusiva, ma ognuno ha una diversa sensibilità a diversi stimoli e modi). Anche a livello tattico, il coach dev’essere flessibile abbastanza da poter adattare lo stile alla singola persona: se si ha a che fare con un timido introverso, inutile proporre di partecipare ad eventi per immergersi in bagni di folla al fine di fare networking, potrebbe sortire l’effetto contrario. In tal caso, si cercheranno di comune accordo altre strade (ricorda: giardiniere che aiuta la pianta a crescere, senza gettarla in un altro terreno che potrebbe essere favorevole per gli altri, ma addirittura ancora più limitante per lo specifico assistito).

Ultimo punto che sembra scontato è invece forse il più critico: l’applicazione. Il coaching non va visto come nozioni da imparare a memoria come fosse una poesia di Natale alle elementari. Senza applicazione, non cambierà nulla nella nostra vita, non potremo nemmeno sapere se quei consigli sono per noi validi o meno. Se alla fine di un percorso di life coaching, ad esempio, si è d’accordo sul cambiare alcune abitudini della nostra vita, ma poi continuiamo a comportarci come se non fosse stato detto, non cambierà nulla. Sarà stato come guardare qualche video motivazionale di un atleta senza poi iniziare a svolgere attività fisica. Un buon coach distanzia anche gli incontri per permettere non solo di assimilare i concetti, ma per dar modo di sperimentarli e raccogliere feedback in merito, in modo da poter correggere il tiro o cambiare metodo.

Criticità

Eviterò qui di parlare di tutto il processo preventivo che consiglio di affrontare prima di cercare un coach: almeno riordinare un minimo le proprie idee. Non tanto perché, come diceva Seneca, “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”, quanto perché contattare qualcuno a caso senza essersi fermati un attimo a capire quali sono almeno i nostri valori di riferimento e in quale ambito vorremmo cambiare qualcosa, equivale più o meno ad entrare in un poliambulatorio con medici di diverse specializzazioni e, all’ingresso, non saper indicare nemmeno un sintomo: non è che tiriamo a sorte e scegliamo un ortopedico o un diabetologo. Potranno magari aver luogo interessanti chiacchierate, ma il tempo di entrambi potrebbe esser utilizzato in maniera più proficua.

Personalmente, poi, non capisco come si possa pensare che “life coach” e “career coach” (quello “generico”) non abbiano un’importante intersezione: a meno che non viviate come i protagonisti della serie Severance, consiglio di considerare il lavoro come un aspetto della vita, parte integrante della propria esistenza: non solo perché non tutti riescono a vivere a compartimenti stagni la propria vita personale e il periodo a lavoro (ho conosciuto tanta gente che “si portava i problemi” da una parte all’altra, in entrambe le direzioni), ma proprio perché fornire eventuali consigli di carriera come “valuta un trasferimento” o “impegnati di più e studia nel tempo libero” impatta in maniera significativa sulla propria vita. Allo stesso modo, un consiglio di vita come “per comprare casa, devi guadagnare di più” necessita di consigli pratici lavorativi. Non sono un grande estimatore del concetto “work/life balance”, per me esiste vita e basta, con il lavoro che è un aspetto che copre una più o meno rilevante parte del tempo. Nella visione condivisa da molti, comunque, questa è una possibile differenza tra life e career coach.

I consigli vanno sempre contestualizzati e soprattutto è importante, ancora una volta, scegliere il proprio coach: per portare un esempio reale, ho conosciuto davvero persone un po’ più grandi di età che, come consiglio quand’ero studente universitario, mi ripetevano “porta dei prodotti tipici al professore”; per quanto sia bello evocare l’immagine bucolica del portare un cestino in vimini con salumi e formaggi ad un professore per un picnic su un prato, ovviamente chi mi forniva tali consigli non aveva idea dei rapporti professore-studenti (a dirla tutta, chi mi proponeva questo ed altri metodi per imbonire il valutatore, in realtà, non aveva nemmeno mai frequentato le scuole superiori). A volte si possono dare consigli in buona fede, ma totalmente fuori dalla realtà. Lo stesso accadeva con tutte le persone che volevano darmi consigli su come vivere meglio i miei anni in un’accademia militare, ma spesso si trattava di parenti e conoscenti che non avevano mai indossato una divisa, si basavano sulle scene fantasiose viste in alcuni film d’epoca. Nel caso di parenti e conoscenti, bene ascoltare con un sorriso le opinioni altrui, ma nel caso di un coach è diverso: stiamo parlando di un (si spera) professionista che conosca quello di cui sta parlando (oltre al fatto che probabilmente vorrà essere pagato).

Per approfondire

Esistono comunque delle risorse generiche per poter approfondire alcune tematiche generali, per capire se un coach può fare al caso nostro. Esistono inoltre diversi coach “di mestiere” che pubblicano loro materiale gratuito su post e canali YouTube, utili per capire meglio di cosa si tratta nello specifico. Eventualmente, possono essere utilizzati anche per capire se lo stile di un certo tipo di coach può essere adatto a noi. A me ad esempio piace lo stile del mental coach Mauro Pepe (casualmente un altro ingegnere :D) che schematizza quel che dice nei suoi video e porta spesso ricerche scientifiche a supporto, mentre altri non mi piacciono per nulla; direi de gustibus, ma oggettivamente alcuni sono più validi di altri. Ce ne sono tanti, anche se il rischio di incontrare fuffaroli in questo campo è alto; c’è solo da scegliere.

Buona scelta e, come dicono gli scout, “buon sentiero”!

Buona scelta e, come dicono gli scout, “Buon sentiero”
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