C’è uno “youtuber” (o meglio: un imprenditore insegnante che veicola i suoi messaggi principalmente tramite video caricati su YouTube) che ho menzionato più volte, perché lo considero (Ale non ti offendere) il mio alter ego, un’altra versione di me, se avessi scelto un diverso percorso di vita: parlo del buon Alessandro de Concini, autore tra l’altro dei libri “Vince chi impara” e “Studiare non è una ca**ata”, oltre che del manuale gratuito “Leggere per sapere” (anche se su questo blog ho parlato solo del suo secondo libro, ho letto tutto ciò che ha scritto e visto tutti i suoi video, sono anni che lo seguo assiduamente). Per maggiori informazioni, potete andare sul suo sito.
Chiunque mi conosca sa quanto io stia “in fissa” con l’apprendimento, inteso come “meta-apprendimento” (ovverosia: interessato ai processi di neuroscienze e psicologia cognitiva che ci permettono di imparare, ricordare ed utilizzare informazioni); più in generale, spendo diverso tempo ad imparare “cose” – ho letto centinaia di libri (qui la lista dei libri che ho letto già solo a partire dal 2021) e seguìto centinaia di corsi in tipologia MOOC sugli argomenti più disparati (qui i corsi a mio avviso fondamentali). Nell’istante in cui scrivo, ho “in corso” diversi corsi (scusate il gioco di parole) tra cui uno sulle montagne (di un’università canadese), uno sulla gestione dei rischi patrimoniali (di un’università svizzera) ed uno sull’apprendimento della scrittura da parte dei bambini (di un’università statunitense), oltre a 3 saggi (non persone molto sapienti, ma libri non di narrativa) sul mio tavolino accanto al divano. Lo scrivo per vantarmene? Probabilmente sì, dannato Elefante nel cervello (riferimento al libro di Simler e Hanson). Il motivo principale, però, è sottolineare che per una simile quantità di informazioni che “macino” continuamente, mentre vivo la mia vita normale “da lavoratore”, un buon metodo di studio è sì fondamentale, ma non sufficiente. Ho già accennato al mio approccio ad una vita intenzionale con un “apprendimento deliberato”, ma per riuscire a coniugare i diversi impegni e piaceri, un metodo di gestione del tempo diventa una necessità, insieme alla comprensione dei meccanismi alla base della procrastinazione (o, forse anche peggio, della “Procrastività”, ovvero: gli errori che ci mantengono produttivi sulle cose sbagliate). Son temi (teoria e pratica) che studio e metto in atto da ormai una ventina d’anni, anche (in)formandomi da “maestri” come David Allen (avrai già incontrato il suo nome in qualche mio altro articolo), al punto di avere persino delle copie cartacee (raro, perché leggo quasi totalmente su lettori e-book):
Tornando quindi ad ADC (acronimo con cui Alessandro de Concini è noto al grande pubblico), ho avuto l’onore di visionare e completare il suo corso “Progetto PRO²” – pro al quadrato perché “+produttività -procrastinazione” (sì, un po’ come il noto “+latte -cacao” di quella roba piemontese da mangiare con moderazione per limitare picchi glicemici in una dieta corretta, con la differenza che ADC non solo non fa male in grandi quantità, ma è addirittura auspicabile fruirne a volontà). Di seguito, due necessarie premesse che spero non vengano saltate, ma se proprio vai di fretta (e allora cosa ci fai qui?), salta il prossimo paragrafo.
Premesse
Ci sono due importanti premesse: la prima, generalmente valida, è che un corso, qualunque esso sia e da chiunque sia scritto/prodotto/erogato/presentato, non potrà mai essere esaustivo, sia “in lungo” (in profondità, nel senso che ogni singolo aspetto di un argomento può aprire a infinite tane del bianconiglio) sia “in largo” (come estensione, nel senso che ogni argomento può espandersi verso altre tematiche correlate). Nel caso specifico, un corso di produttività potrebbe durare mesi, io ci ho seguito anche dei moduli in corsi e master universitari (di quelli “in presenza” e con tanto di esercizi in gruppo tra professionisti adulti, eravamo tutti dirigenti con esperienza): anche solo per la parte iniziale della visione strategica c’è da perdersi, figuriamoci per tutta l’arte del delegare! Il corso di ADC tratta del “core” (detto all’inglese, non in romanaccio) della produttività partendo da zero per arrivare ad un livello più che soddisfacente per chi non ha mai neanche pianificato una settimana (per bene, in dettaglio, con obiettivi chiari e tolleranza agli imprevisti). Nel farlo, parla anche del come funziona il nostro cervello per quanto riguarda attenzione e distrazione (non a caso, tra i suoi testi di riferimento spuntano alcuni saggi di cui ho già parlato in questo blog, come Atomic Habits, ma anche tutti quelli di cui ho accennato nei vari articoli, come l’immancabile “Flow” di M. Csíkszentmihályi, “Digital Minimalism” e “Deep Work” di C. Newport ed altri).
Nella mia vita son stato anche program manager (mentre ricoprivo posizioni tra cui capo analisi, capo ricerca e sviluppo e tanto tanto altro) e mi son sempre trovato a gestire utilizzo, manutenzione e modifiche di tantissimi sistemi di apparecchiature complesse, ma soprattutto gestire tanti (fino ad una quarantina) validi professionisti, in contesti dove sbagliare una pianificazione può essere letale (e non per modo di dire: ero un ufficiale, una di quelle persone in uniforme che viene mandata in missione in certi posti con gente e cose, a fare cose con altra gente e altre cose), quindi pianificare e azzerare le distrazioni non era qualcosa di soltanto “desiderabile”, ma imprescindibile. Inoltre, sin dall’accademia, un allievo ufficiale impara a gestire dapprima se stesso (presentandosi puntuale e preparato alle diverse attività) e poi a turno i suoi colleghi con le loro attività. Ricordo che, tra un periodo di studio (sempre troppo poco per chi studia ingegneria!), uno di addestramento ed uno di sport, dovevo sfruttare i piccolissimi ritagli di tempo per compilare un incubo stampato in formato A4: era il tracciamento del tempo, per registrare quali attività venivano svolte durante i 1440 minuti di ogni singola giornata. Sì,hai letto bene: riportavamo (complessivamente) i singoli minuti (es.: nuoto dalle 06:30 alle 07:25, sommata a palestra dalle 11:00 alle 11:55 e corsa più attività corpo libero dalle 14:00 alle 16:00? Totale da segnare: 230 minuti attività fisica). Veniva riportato tutto, anche il tempo dedicato all’igiene personale, anche se molte attività venivano taciute/ridotte, ad esempio le ore di marcia sottratte allo studio o le punizioni collettive notturne che sul foglio non intaccavano minimamente il riposo. Attività ricorrente quotidianamente (es.: pasti) o svolte più raramente (es.: equitazione, esercitazione tiro armi portatili), tutto veniva registrato. Onestamente, a me non pesava tracciare il tempo: un po’ perché un ingegnere (e aspirante tale) ha una predilezione (qualcuno la chiamerebbe perversione) per i numeri, un po’ perché da quando ero piccolo mi ero abituato (istintivamente, senza che nessuno me lo avesse insegnato) a pianificare sul diario il mio tempo pomeridiano (in modo da poter avere sotto controllo i compiti i giorni in cui ad esempio andavo alle riunioni scout). Questo momento Amarcord per dire: se hai un trascorso disagiato come il mio oppure sei già un esperto di produttività (ma anche di abitudini) che Elon Musk ti spiccia casa, probabilmente questo corso ha poco da offrirti, oltre ad un ripasso di quel che già sai, ma con la simpatia di ADC. In caso contrario, questo corso è vivamente consigliato.
Intro sul corso
Ho seguito i video a velocità aumentata (Ale non odiarmi, m’ero fissato che volevo finirlo in mezza giornata) e prodotto, come mio solito, appunti (di produzione note ne parla efficacemente lo stesso ADC nei suoi corsi e nel suo primo libro, ma ho accennato qualcosa anche mentre scrivevo in merito a “How to take smart notes” (Sönke Ahrens). Il syllabus del corso è consultabile liberamente sul suo sito, perché (e questo è uno dei motivi per cui adoro ADC) l’autore è fermamente convinto che un buon corso non è quello che millanta di insegnarti le antiche tecniche segrete mistiche del “La legge dell’attrazione” dei coniugi Hicks (sì: coltivo sporadicamente, nemmeno troppo nell’ombra, il guilty pleasure di leggere stron fuffa, ma Piero Angela m’ha già perdonato, che fai? Ti metti a competere? (cit. adatt.)), nascondendo quindi il sommario dietro un funnel interminabile e soprattutto dopo aver sborsato copiosi danari. Chi mi segue da un po’, sa che sono totalmente d’accordo con lui: un corso serio, prodotto e venduto da persone oneste, ha il valore aggiunto di collezionare informazioni verificate, che vengono elaborate e presentate in maniera organica. I casi in cui in un corso siano presenti davvero informazioni “segrete” non reperibili altrove sono in linea di massima due:
– i dati sono stati procacciati e detenuti in maniera non proprio legale (es.: chi propone corsi con notizie ottenute da insiders o circolate in ambienti fisici o virtuali dopo esser state trafugate dai loro previsti circuiti);
– il contenuto del corso riguarda argomenti e dettagli strettamente confidenziali (ad esempio, corsi “classificati” erogati da/a militari oppure corsi/presentazioni tra colleghi di una stessa azienda).
Perché dunque pagare un corso? Semplice: ci risparmia il tempo e la fatica di cercare da noi le informazioni e, ammesso che sappiamo cercare in maniera efficace (ne ho parlato in Searching like an Intelligence Analyst – Part 1), il tempo per validarle, filtrarle e mettere insieme i pezzi. Ovviamente mi riferisco a corsi in generale, soprattutto a quelli “non certificati” – discorso a parte per i pezzi di carta utilizzabili come proxy per un cliente o datore di lavoro, oltre a quelli necessari per l’abilitazione a specifiche professioni (es.: lauree, corsi di aggiornamento professionali rilasciati da enti certificatori specifici), dove si paga anche per il valore di mercato del pezzo di carta in sè. Qui invece ci stiamo concentrando “sulla ciccia”, sul contenuto – e il prezzo (chiaramente visibile e “a cifra tonda”, senza che l’ultima cifra finisca casualmente su 7) nel caso del corso “Progetto PRO2”, a mio modesto parere (che ho seguito centinaia di corsi da 0$, ma anche da 6.000$), ha un rapporto qualità/prezzo assolutamente ragionevole (non è una marchetta, lo penso davvero). Se non mi ritenessi già “cultore della materia”, l’avrei comperato di volata.
Il corso e perché mi è piaciuto
I primi minuti partono con un tema che mi sta molto a cuore: quello del definire cos’è la produttività, che ha un significato (o meglio: un’implementazione) soggettivo: siamo bombardati da fuffaguru che promettono hacks (trucchetti, scorciatoie) per comprimere 72h in una giornata, “imprenditori digitali” (che, da informatico da oltre 20 anni, non ho ancora capito cosa s’intenda, forse hanno un’attività che ripassa l’algebra booleana, chissà) che millantano di alzarsi alle 4 di mattina per ascoltare 2 audiolibri mentre corrono al parco prima di andare a trascorrere 16h/giorno in ufficio, ragazzini (spesso nati in contesti parecchio, ma parecchio fortunati) che cercano di bullizzare da remoto quelli che a 19 anni non possiedono già una collezione di Lambo di proprietà, mentre parlano del loro mindset da sigmachad che li spinge a “fare business” (?) 7 giorni su 7 senza pausa. Ecco, questa visione (che io definisco atroce, più che riduttiva) della vita non è argomento del corso. Una certa narrativa della produttività (come anche dell’essere “positivi a tutti i costi”) è spesso tossica, senza contare il fatto che, per quanto mi riguarda, una visione collettiva monodimensionale, esclusivamente quantitativa, soprattutto se passata come “oggettivamente condivisa” (ossia: tutti hanno necessariamente gli stessi traguardi ed aspirazioni) è solo indice di una mente semplice, limitata e scarsamente istruita. Il corso si prefigge quindi l’obiettivo di insegnare il raggiungimento e mantenimento di una produttività sostenibile nel lungo termine. Come ADC ribadisce: corsi simili hanno una forte caratterizzazione pratica, quindi occorre sperimentare subito e mettere in pratica. L’esempio che faccio spesso è che io non avrei mai potuto imparare a suonare solo consumando passivamente decine di manuali/metodi – “ai miei tempi” non c’erano i videotutorial, ma il concetto è lo stesso: solo guardare e ascoltare, senza sporcarsi le mani, ha poca (o nulla) utilità. E, mentre si mette in pratica, attenzione che le metriche non diventino un feticcio o ancora peggio un “imbroglio” (v. Goodhart’s law) a se stessi.
L’altro aspetto che mi è piaciuto del corso è che affronta subito il tema della procrastinazione, uno dei principali ostacoli alla produttività (insieme alla mancanza di chiarezza di valori ed obiettivi, come egregiamente illustrati da David Allen nella sua struttura ad “altitudini”). Sono infatti del parere che, come direbbero i saggi, non puoi fare entrare i tuoi amici in una stanza se prima non hai rimosso l’elefante che la riempiva. Presenta una classificazione generale dei tipi di procrastinazione, che per qualche motivo mi ha ricordato l’identificazione dei nostri sabotatori, spingendosi sui possibili meccanismi sottostanti (fortunatamente ADC ricorda che, nonostante si sia avvalso di uno psicologo per la preparazione di una parte del corso, i suoi consigli non sono sostitutivi di visite da specialisti in caso di difficoltà importanti). E quindi seguono consigli pratici (che, una volta presentata la teoria, hanno decisamente tutt’altro significato, rispetto ai video dei vari fuffaroli che ti dicono cosa fare senza capire il contesto e il perché).
Il grande capitolo sull’atteggiamento copre tutto il necessario che mi sarei aspettato da un corso simile: parte con l’importanza del migliorare il proprio stile di vita – ne ho parlato diverse volte in questo blog, per i diversi aspetti della salute: puoi dare un’occhiata ad esempio a La scienza dello stare bene, Weight management: no quick useless hacks, but the real hard science into practice!, Improve and take care of your brain!, Perché meditare – pro e contro, Why we Sleep (and how to do it better) e così via, non mi metto a scrivere l’elenco di tutti gli articoli, cercali! :).
Apprezzato il fatto di trattare in maniera adeguata la motivazione, senza trasformarsi nel Tony Robbins di turno, ma con consigli pratici ed equilibrati.
La parte su attenzione e concentrazione non l’ho seguita bene, ero troppo impegnato a contare i passaggi tra questi giocatori (ti invito a fare lo stesso):
Scherzi a parte, ben affrontata la questione dell’attenzione, con breve disanima dello stato di flow (consiglio vivamente a chiunque di leggere l’omonimo libro, perché c’è anche molto altro – le parole introduttive di Mihaly Csikszentmihalyi le ho già riportate in miei articoli precedenti). Bene anche l’aver sfatato il mito del multitasking che purtroppo persiste ancora in molti gruppi di persone. Poi ancora minimalismo digitale, rapporto con gli altri (qui consiglierei di approfondire con “Il coraggio di non piacere agli altri”, “La trappola della felicità”, “Loneliness” e simili). Aggiungerei che con i social network (a proposito, fatti un favore: disiscriviti, salvo se usi un account aziendale per motivi di lavoro) i termini di paragone sono ormai improponibili, sei ad un click con la presunta vita perfetta di una studentessa di medicina che si laurea anni prima mentre passa parte dell’anno in vacanze lussuose (dicendo anche che il sonno è sopravvalutato, bell’esempio da una neo-dottoressa in medicina, eh?), così guardi questi personaggi e ti senti un fallito. Ormai è noto alle stesse aziende dei social network quanto siano dannosi.
Tutt’altro discorso per la condivisione di intenti con le persone a noi care, anche se può produrre effetto contrario, quindi “condividere responsabilmente”.
C’è poi l’importanza della visualizzazione (ma non come nel libro trash che accennavo prima sulla legge dell’attrazione), usata restando con i piedi per terra, senza misticismo.
E poi uno dei concetti più importanti che ho imparato in tanti anni di lavoro e studio: la differenza tra output e l’outcome, splendidamente corredata da esempi.
Sulla parte della tattica, nulla da eccepire, ricordando sempre che il target è la persona che non ha mai affrontato questi argomenti: metodi PARA (Tiago Forte) e GTD (David Allen), la matrice di Eisenhower, progetti e task, la microproduttività (che non vuol dire necessariamente riempire ogni frazione di minuto in maniera produttiva, come ad esempio portarsi i compiti dietro al supermercato così recupero il tempo in coda alla cassa oppure far partire un frammento di podcast da ascoltare mentre condisco l’insalata, anche se è pur sempre un’opzione), lo spezzettamento di attività per essere svolte parzialmente mentre si è fuori (ammetto d’aver ripassato più volte mentre ero sui mezzi pubblici e lo stesso David Allen consiglia anche di avere con sè liste di attività che possiamo svolgere mentre siamo fuori).
Qui troviamo anche il cuore pratico di tutto il corso: l’utilizzo di tasklist, agenda e master plan.
Il modulo si conclude con gli strumenti (tecnologici) consigliati, anche se onestamente io ne uso pochissimi, suscitando ogni volta sorpresa in chi sa che lavoro con tecnologie avanzate – e la verità è che proprio per questo cerco di usarne poi il meno possibile, se non quando sono a lavoro, ma è una scelta personale, di cui forse un giorno scriverò per bene. L’importante, come ho ripetuto diverse volte, è esser padroni dei concetti per poter scegliere e padroneggiare gli strumenti.
Il corso termina con una parte di consolidamento che ricorda la formazione e mantenimento delle abitudini (e conoscere il meccanismo ci permette di liberarci di quelle indesiderabili per abbracciarne di nuove migliori), meta-cognizione (che potrei brutalmente riassumere in: ricorda di essere consapevole ed intenzionale), ma soprattutto mi ha schiaffeggiato parlando del perfezionismo tossico verso noi stessi e gli altri; ma qui ricordo le parole del maesto Omar Palermo (“YouTubo Anche Io”): “La perfezione non è il nostro obiettivo, è la nostra tedenza” (qui al minuto 4:44).
Considerazioni finali
Avrei tanto voluto ricevere l’accesso ad un corso simile tanti anni fa, come regalo durante le scuole superiori: certo, son stato in grado di diplomarmi col massimo dei voti (unico nella classe) mentre svolgevo tante altre attività (oltre alla “vita sociale standard”) e mentre mi preparavo per le accademie militari, ma un corso simile mi avrebbe permesso di ottimizzare ancora di più, mantenendo un impagabile “senso di controllo” del mio tempo, nonostante i dubbi classici dell’adolescenza. A quei tempi questo corso non c’era, ma ora c’è, per questo lo consiglio vivamente (ed in maniera disinteressata, come consiglio gli altri corsi e libri).
Personalmente, ci avrei forse aggiunto, nelle tecniche, il diagramma di Gantt e forse un po’ di visualizzazione dati (sì, produco anche grafici di come trascorro il tempo e no, non perdo troppo tempo per farlo, altrimenti torniamo ad infognarci nello pseudolavoro), ma sono entrambe questioni “avanzate”, decisamente oltre un corso base. Allo stesso modo, avrei forse parlato un po’ di più della delega, ma anche questo è qualcosa che non interessa tutti (lo studente, ad esempio, ha solitamente poco da delegare, soprattutto perché le attività che affronta, da svolgere i compiti a sistemare la camera, hanno un senso se fatti da sè). E magari un accenno alla dashboard Kanban e… OK, la smetto, son tutte tematiche “avanzate”. Complessivamente, l’ho trovato davvero un bel corso, son riuscito a non trovarlo noioso nonostante conoscessi ogni singolo dettaglio di quanto detto, quindi immagino l’effetto “wow” di chi apprende questi concetti e tecniche per la prima volta. Meglio ancora se giovane, perché partire con una buona impostazione da ragazzi ha un effetto da “interesse composto” crescendo.
A chi fosse interessato ad approfondire le tematiche trattate in maniera non esaustiva (perché esulano dai contenuti di un corso base, quindi riservate solo a chi come me ama andare oltre, in profondità), suggerirei di seguito ulteriori risorse che ho trovato interessanti fino ad un “primo ordine” di impatto sulla produttività (es.: capire possibili modelli di funzionamento memoria oppure l’importanza di un corretto e abbondante riposo, di una sana alimentazione e così via) – mi raccomando: non è narrativa, teoria ed esercizi vanno messi in pratica!
Libri
- “Getting things done”, David Allen, 2001
- “Making It All Work: Winning at the Game of Work and the Business of Life”, David Allen, 2001
- “Flow”, Mihaly Csikszentmihalyi, 1990
- “Deep work”, Cal Newport, 2016
- “The willpower instinct”, Kelly McGonigal, 2011
- “Atomic Habits”, James Clear, 2018
- “Eat that frog!”, Brian Tracy, 2001
- “(the great little book of) Mastering your time”, Brian Tracy, 2016
- “Irresistible: the rise of Addictive Technology”, Adam Alter, 2017
- “Why we sleep”, Matthew Walker, 2017
- “Bioenergetics”, Alexander Lowen, 1975
- “Glucose Revolution”, Jessie Inchauspé, 2022
- “Designing your life”, Bill Burnett & Dave Evans, 2016
- “Digital Minimalism”, Cal Newport, 2019
- “Dopamine Nation: Finding Balance in the Age of Indulgence”, Anna Lembke, 2021
- “Four Thousand Weeks: Time Management for Mortals”, Oliver Burkeman, 2020
- “Memory”, Alan Baddeley, 2009
- “Courage to be Disliked”, Fumitake Kogam & Ichiro Kishimi, 2013
Corsi
- “The Science of Well-Being“, Yale University, Coursera
- “The Science of Success: What Researchers Know that You Should Know“, University of Michigan, Coursera
- “Sit Less, Get Active“, University of Edinburgh, Coursera
- “Finding Purpose and Meaning In Life: Living for What Matters Most“, University of Michigan, Coursera
- “Positive Psychiatry and Mental Health“, The University of Sydney, Coursera
- “Biohacking Your Brain’s Health“, Emory University, Coursera
- “Weight Management: Beyond Balancing Calories“, Emory University, Coursera
- “Mindfulness and Well-being: Foundations“, Rice, University Coursera
- “Foundations of Project Management“, Google, Coursera
Poichè rimprovero a me stesso di essere troppo fruitore e poco produttore, mi sembra il caso di migliorare il mio release ratio e, nel framework della conoscenza, contribuire con la mia versione “potenziata” del Master Plan proposto da Alessandro de Concini, ma dato che abbraccio della filosofia dell’insegnare a pescare anziché fornire pesci (e chiunque abbia lavorato con me può confermare quanto io ami spiegare cose… forse anche troppo), ho pubblicato anche una versione semplificata del foglio che uso per tracciare il tempo e pianificare, con un breve “tutorial”, utile soprattutto a chi vuole imparare ad utilizzare seriamente i fogli di calcolo, strumento che io definirei fondamentale a prescindere dal tipo di lavoro (del resto io li uso maggiormente per motivi personali). Tranquillo: nessuna formula complicata o funzione avanzata, non è mio obiettivo formare analisti o scienziati dei dati, sebbene io consigli comunque a tutti lo studio (base) di data analytics. Lo stesso sistema può essere utilizzato sia per pianificazione (futura) sia per il tracciamento (presente/passato) delle varie attività, a cui poter eventualmente aggiungere annotazione sull’energia che proviamo in quel momento e se quell’attività mi piace (ne ho parlato meglio nell’articolo su “Designing your Life”). Ricordiamoci infatti ancora una volta che la produttività può esser vista come uno strumento per la realizzazione di una vita intenzionale, per la nostra soddisfazione e soprattutto serenità.
Buon tempo produttivo a tutti!