Immaginare un nuovo lavoro, ma… “in pratica”?

Leggendo il libro “Designing your life”, ho prodotto appunti che si sono tradotti anche in una mappa, visibile qui: Designing Your Life: Build a Life that Works for You (with interactive mind map!).

Bella la teoria, ma – anche se il libro fornisce qualche spunto per l’implementazione – quelle regole restano un po’ troppo teoriche: è possibile fare degli esempi più pratici. Prendendo ad esempio la parte sulla “prototipizzazione”, come realizzo davvero quell’importante passo del più ampio procedimento del crearmi una vita più appagante? Riprendiamo il capitolo in questione (mi si perdoni la pigrizia del non aver tradotto, ma è un inglese elementare).

Il primo punto, quello che un fuffarolo PNLaro chiamerebbe “credenza limitante” (ma è fisicamente una credenza che limita lo spazio in cucina?), è abbastanza chiaro: non solo non abbiamo il tempo (e l’accesso) a tutte le possibili informazioni relative alla professione che abbiamo in mente, ma tali informazioni cambiano continuamente; ad un certo punto, dobbiamo semplicemente darci un limite e fermarci ad una ragionevole quantità di informazioni utili. Occorre quindi rimpiazzare questa convinzione con: dovrei costruire dei “prototipi” per avere contezza pratica nell’esplorazione di alternative.
Ovviamente cercare un minimo di informazioni all’inizio aiuta: se penso di voler provare la carriera da medico neurochirurgo, almeno dovrò conoscere la durata del titolo di studio necessario (6 di laurea in medicina + 6 di specializzazione in neurochirurgia = 12 anni nominali); se ho intenzione di diventare uno sviluppatore di videogiochi, cercherò un po’ di informazioni sui requisiti tecnici richiesti – soprattutto per professioni tecnologiche, sono ormai facilmente reperibili le job description e i requisiti minimi e desiderabili di un candidato per una certa posizione (aiutano a dare un’idea abbastanza precisa). Allo stesso modo, può essere utile avere un quadro della situazione se voglio esercitare la mia professione all’estero, sia dal punto di vista di possibilità e requisiti (ad esempio, potremmo aver bisogno di “tradurre” un titolo di studio oppure di completare un’integrazione per l’abilitazione alla professione), sia da un punto di vista complessivo della nazione (vedi: Sono qui per RESTARE! (O no?)), sia da un punto di vista monetario (vedi: How much should I earn… abroad? Money and the Countries). Attenzione però a non cadere nella tana del bianconiglio cercando ossessivamente dettagli: ciò che ci interessa in questa fase è solo una conoscenza marginale del contesto, per poter focalizzarci su come potrebbe essere svolgere una certa attività.

Cercare di creare un prototipo/modello di cosa vogliamo fare è qualcosa di estremamente concreto, non è un “esperimento di pensiero”, una mera ipotesi su assunzioni campate in aria. L’ideale sarebbe proprio riuscire a capire nello specifico cosa faresti un generico mercoledì pomeriggio mentre sei alle prese con quel lavoro. Ad esempio, se vuoi fare il divulgatore scientifico su media tradizionali (giornali, radio, TV) e recenti (diventando una specie di influencer che, al posto di mostrare le chiappe, parla di scienza), ti sei mai chiesto quali sono le attività solitamente svolte in una giornata tipo? Quanto tempo impiega un divulgatore nel selezionare le fonti, studiarle, estrarci le informazioni e scriverle in maniera organica, chiara e possibilmente accattivante; quali sono le sue conoscenze e competenze; quali persone frequenta a livello lavorativo, a quali eventi partecipa… e così via. Ancora una volta: non stiamo parlando di immaginare così a caso, ma di iniziare a cercare delle figure di riferimento, che svolgono una professione simile a quella che vorremmo fare noi. Una volta visto/letto/ascoltato quanto la persona di nostro interesse ha pubblicato, possiamo quindi decidere di contattarla.

Come e perché contattare un punto di riferimento

Quella che ho descritto precedentemente è la “parte preparativa”. Il grande valore aggiunto sta poi nel contattare la persona impegnata in un lavoro che a noi piacerebbe svolgere (oppure che sia molto affine all’attività che abbiamo in mente). Quindi cosa facciamo, cerchiamo il suo numero sull’elenco telefonico (esistono ancora?) e la chiamiamo durante ore pasti? Certo che no, a meno di non sfruttare molto creativamente la situazione (io però non lo farei). Ho pensato a diversi modi per poter “arrivare” alla persona in questione. Piccola premessa: non serve essere l’anima della festa, l’animale da feste notturne o un hub al centro di divese reti di persone, una people person che ha collezionato biglietti da visita di migliaia di “pezzi grossi”; gli approcci che propongo sono percorribili (in alcuni casi, con un minimo di difficoltà superabile) anche da persone estremamente timide ed introverse, l’unica differenza è che se negli ultimi anni avete vissuto come Alpöhi (il nonno di Heidi) potreste suonare un po’ più impacciati. Ricordate che solitamente l’essere umano ha (compatibilmente con le proprie risorse, tempo in primis) voglia di aiutare: quando chiedete informazioni per strada, è molto probabile trovare qualcuno disponibile e posso assicurare che i casi in cui mi è stata negata una mano in tal caso sono molto inferiori a casi invece di persone cortesi che addirittura si son offerte di accompagnarmi. Inoltre, nel caso di domande specifiche sul lavoro o su un’opera o anche solo su un particolare passatempo, una persona è solitamente contenta di vedere qualcuno che mostra interesse. Ovviamente questo è solitamente più vero per un ricercatore di nicchia rispetto ad un attore ricco e famoso, ma (sempre con i giusti modi cordiali e non assillanti) vale la pena di tentare. Detto questo, di seguito elenco alcuni approcci che tenterei, oltre a quello descritto nel libro (il classico cercare un contatto in comune, diciamo Berenice, per arrivare alla persona di interesse che chiameremo Ascanio, per poi scrivere un messaggio a quest’ultimo: “Ciao Ascanio, Berenice mi ha detto che saresti la persona che fa al caso mio: sono un grande appassionato di […] e vorrei saperne di più su […]”). La conoscenza in comune solitamente funziona di più rispetto ad essere un totale estraneo, ma non sempre abbiamo possibilità di arrivare a due gradi di separazione. Oppure possiamo cercarlo eventualmente in seguito tra le nostre conoscenze, dopo aver prima conosciuto opere della persona di interesse. Ed è proprio in quest’ottica che suggerirei ad esempio:

  • partecipare a convegni o eventi in cui, oltre ad imparare qualcosa sulla tematica di interesse, si fanno conoscenze (quello che gli anglofoni e i milanesi imbruttiti chiamano “networking”) – la persona di interesse potrebbe essere un relatore sull’eventuale palco, un espositore presso un eventuale stand in quel convegno, ma anche semplicemente un altro partecipante come noi, solo che anziché essere un semplice appassionato è un professionista del settore;
  • fruire di un contenuto di nostro interesse, per poi contattare l’autore – può essere un articolo di un blog o di un giornale di settore, un libro, una pubblicazione scientifica, un video, un podcast, una qualunque informazione di nostro interesse reperita in ogni possibile modo (lecito);
  • far parte di gruppi di appassionati del settore su qualunque mezzo – forum, newsgroup (esistono ancora?), gruppi di messaggistica, gruppetto di appassionati nel nostro quartiere, canali/pagine/community… chiamatele come volete, ma insomma un qualsiasi spazio di aggregazione, fisico oppure online, dove ritrovarsi per scambiare idee e conoscersi tra persone con lo stesso interesse. Cercando su Internet, si apre un mondo, difficile non trovare gruppi di persone appassionate in una nicchia anche super-specifica;
  • essere presenti su social network professionali come LinkedIn e mostrare il proprio interesse (ad esempio condividendo articoli, correlati da proprie osservazioni in merito), mentre intanto si fa crescere la propria lista contatti (mi raccomando: non come una raccolta di bollini, aggiungendo chicchessia, ma cercando di farla crescere in maniera “organica” aggiungendo persone che si conoscono “nella vita vera” o con cui si ha avuto a che fare o si è avuto un genuino scambio di informazioni).

Il consiglio più importante che mi sento di dare è, appunto, quello di dare. Mi spiego meglio.
Quando ci rivolgiamo ad una persona che svolge una professione che pensiamo ci piacerebbe svolgere, potrebbe far più piacere non presentarsi a mani vuote chiedendo e basta: se si tratta di un autore di un’opera di nostro interesse, condividere una nostra recensione e/o spunti su quell’opera è un modo per mostrare il nostro apprezzamento (nella migliore delle ipotesi, può aiutare a riflettere anche l’autore stesso su punti che non aveva considerato, in tal caso direi che è partire davvero col botto). Ci aiuta inoltre a far capire che stiamo già facendo dei passi su quel percorso, che ci stiamo investendo tempo ed energie, non solo nell’apprendere, ma anche nel rielaborare. L’ideale sarebbe poi addirittura avere un proprio portafoglio da mostrare o delle nostre pubblicazioni su quel settore. Un punto su cui non insisterò mai abbastanza: siate autentici, mostrate genuino interesse e non cercate solo di approfittare degli altri. Date al mondo, il resto arriverà indietro come conseguenza (chiamatelo karma, l’universo che vi risponde o come vi pare, ma create e offrite, non limitatevi a chiedere).

A prescindere dai casi, potremmo contattare la persona di interesse in diversi modi, anche se in alcuni rari casi potrebbe essere difficile reperire il contatto di una specifica persona (in tal caso, potrebbe davvero voler indicare che sia una persona riservata che non vuole essere disturbata, ma sono casi davvero sporadici). Molto più comunemente, la persona ha una sua presenza online oppure è possibile reperire molto velocemente il suo indirizzo e-mail, il suo profilo LinkedIn o in generale un suo account social (o su siti/comunità di settore), dove poterlo contattare.

Come via estremamente più generica, esiste anche la possibilità di contattare una persona che lavora in un’azienda o in un’organizzazione che opera nel settore, ma in tal caso le probabilità di successo (che qualcuno ci legga e ci risponda) potrebbero essere più scarse. Consiglio di rivolgersi al singolo individuo e non al “membro dell’organizzazione”. Se ad esempio voglio contattare qualcuno che lavora in un’ente internazionale che si occupa di neuroscienze, magari ha senso cercare qualcuno di loro che ha un’esposizione pubblica, magari ha pubblicato un libro o ha parlato ad un TEDx che possiamo visionare (e quindi poi ricondurci ad uno dei casi precedenti).

Il libro “Designing your life” parla anche di una possibile attività di brainstorming (potrei tradurla come “generazione di idee”) in gruppo, ma qui non mi sento di aggiungere molto altro, se non: butta giù su carta (o dispositivo a piacere) tutto ciò che ti viene in mente: potrebbero addirittura nascere nuove professioni che ancora non esistono, ad esempio combinando due settori apparentemente totalmente scorrelati tra loro. Ad esempio, siamo musicisti e stiamo studiando come veterinari? Potremmo voler provare se una clinica per animali con l’ascolto di un certo tipo di musica possa aiutare alcuni animali a guarire da alcune patologie o riprendersi da traumi. Il trucco è scrivere di tutto, senza freni: la parte di filtro e “studio di fattibilità” viene dopo.

Tutto questo, ci aiuterà ad avere una visione più completa e nitida su cosa potrebbe voler dire lavorare in quell’ambito. Solo a quel punto, è possibile valutare, da persone responsabili e mature, se è davvero quello che ci piacerebbe o se siamo solo rimasti abbagliati da un singolo aspetto che non avevamo nemmeno inquadrato per bene.
Come effetto collaterale: questo processo tende a diventare iterativo (una persona vi presenta un’altra persona più simile a voi o che può aiutarvi maggiormente in questo intento) e da cosa nasce cosa, potrebbe anche capitare che (senza che siate voi ad elemosinare un “posto di lavoro”) suscitiate l’interesse dell’interlocutore che potrebbe addirittura aprire una posizione lavorativa apposta per voi o addirittura proporre di fondare un’attività insieme. Una meravigliosa occasione che vi sareste preclusi andando in giro nel solito modo standard di cercare “posizioni aperte” e mandare CV.
Buona esplorazione! 🙂

Un commento

  1. […] Mi trovavo a pranzo con un amico e, data la comunanza di interessi e parte del bagaglio di studi e di lavoro, è uscito anche qualche discorso sul nostro settore. Vedere e ascoltare una persona così appassionata sui propri campi di ricerca e applicazione, nonostante diversi anni di professione, è uno spettacolo che è sempre un piacere rivedere. Quel tipo di entusiasmo tipico di persone che hanno trovato la loro ragion d’essere anche nella loro professione. Non è detto, però, che tutti riescano subito a trovare il modo di impiegare in maniera proficua il proprio tempo e le proprie energie, in attività che riempie di gioia. E quand’anche uno approda ad una professione (o se la crea), come per molte storie, anche romantiche, non è detto che l’ardente passione iniziale continui a bruciare forte per sempre. In questi casi, è possibile valutare se sia il caso di continuare a svolgere qualcosa che non dà più stimoli, con l’unica motivazione (comunque importante) di portare il pane sulla tavola oppure se sia invece il caso di cercare/crearsi un’alternativa. Quindi stamattina, passeggiando nel bosco, ho reputato opportuna l’idea di completare quanto già scritto in Immaginare un nuovo lavoro, ma… “in pratica”? […]

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