Buy back your time – Riacquistare il tuo tempo

Uno dei libri che ho letto il mese scorso è “Riacquista il tuo tempo” di Dan Martell.

Mi sono imbattuto in questo libro ascoltando un video di Ali Abdaal – ed è stata la proverbiale goccia nel vaso che ha portato alla mia decisione di non seguire più Ali. In breve: ci sono alcune persone che si possono trovare utili o addirittura modelli di ispirazione, ma dipende da diversi fattori, come il momento e gli obiettivi in un periodo della propria vita; queste persone cambiano (così come anche noi cambiamo). Così qualcuno che prima sembrava “interessante” diventa banale e “non più utile”. Nel momento in cui scrivo, su Goodreads questo libro ha un punteggio di 4,42/5, punteggio considerabile molto alto. Anche leggendo le recensioni, non mi è chiaro come questo libro possa essere giudicato “ottimo” persino da chi si dichiara imprenditore o dirigente da tempo. Io stesso son stato un manager per più di 10 anni, per non parlare poi degli anni in un’accademia militare, dove si impara presto che il tempo è cruciale e che devi delegare – ti addestrano un po’ a farlo, invitando persino dei “VIP” del settore a parlare della loro esperienza, ma è soprattutto un addestramento sul campo, nel modo più duro possibile: se fallisci, sei fuori. Sempre come ufficiale, ho continuato ad imparare in merito al tema della delega, a vari livelli – e continuo ancora adesso, dopo aver deciso di lasciare le forze armate. Mi sorprende la “popolarità” di un libro che presenta solo alcuni concetti chiave, il più delle volte senza la necessaria complessità, con pochi esempi su casi standard relativi a imprenditori e aziende, pretendendo di insegnare un framework che, a mio parere, è solo un insieme di vecchi framework rivisitati.

Non discuterò qui lo stile utilizzato dall’autore, a partire dalla sua lacrima strappastorie (cit.) di aspirante imprenditore (un tempo bambino con l’ambizione di diventare un giorno imprenditore e con un’attrazione per la progettazione software, poi diventato un giovane ribelle a Moncton, in Canada, che ha rubato un’auto per lasciare la città, inseguito dai poliziotti che l’hanno condotto in carcere) e poi il recupero dell'”eroe” nella sua scalata al successo. Quando approccio un libro di saggistica, in base alla profondità e al modo in cui gli argomenti sono presentati, cerco di identificare quale possa essere il suo pubblico di riferimento; questa volta, di certo io non rientro nel target. Dopo tutto, l’autore ha scritto di essere stato illuminato da libri come “Come conquistare gli altri e farseli amici” di Dale Carnegie, “Pensa e arricchisci” di Napoleon Hill e “Le 7 abitudini delle persone di successo” di Stephen Covey (sai che non giudico le cose senza conoscerle, quindi sì, ho letto quei libri e penso che possano essere interessanti, in un certo senso… se hai 8 anni e cerchi qualche scorciatoia con le persone e le cose). Lo stesso vale per gli esempi forniti dall’autore in questo libro: Oprah Winfrey, Andy Wharol e altri idoli delle masse.

Tuttavia, ho continuato a leggere il libro e ora posso riassumere rapidamente alcuni punti e aggiungere alcune mie considerazioni. Eccole di seguito.

Alcuni dei concetti di base del libro (che in gran parte troverai ovunque)

L’importanza delle abitudini (vedi: Come mi ha fatto pensare (l’ennesimo libro sulle abitudini atomiche), ricordare che i sistemi sono più importanti degli obiettivi (David Allen lo ha scritto molto meglio e con la necessaria complessità nel suo “Getting Things Done”), il “ciclo di riacquisto” chiamato Audit-Trasnfer-Fill, seguito dalla delega e dalla sostituzione del tempo con qualcosa che si ritiene abbia più valore).
La “verifica del tempo e dell’energia” è spiegata molto meglio in Designing Your Life, mentre l’approccio “divide et impera” e poi inizia a fare le cose è spiegato meglio nel GTD di Allen.
Dovreste dedicare il vostro tempo solo alle attività in cui: (a) eccellete, (b) vi piacciono veramente e (c) aggiungono il massimo valore (di solito sotto forma di ricavi) alla vostra attività.
Il principio del riacquisto: Non assumete per far crescere la vostra attività. Assumete per riacquistare il vostro tempo.
Poi, Martell mostra un quadro chiamato matrice DRIP (dove DRIP è l’acronimo delle parole inglesi relative a: Delega, Sostituzione, Investimento, Produzione) in cui si possono trovare tipologie di attività da inserire in questi 4 quadranti (che in un certo senso mi ha ricordato la matrice di Eisenhower che vidi per la prima volta qualcosa come 20 anni fa), in questo modo:

NoiosoInteressante
Alto valoreSostituzioneProduzione
Basso valoreDelegaInvestimento
La matrice “DRIP”

In breve: l’obiettivo è trascorrere la maggior parte del tempo nel quadrante Produzione, più un po’ di tempo nel quadrante Investimento. I quadranti Delega e Sostituzione sembrano per me concettualmente uguali, la “Sostituzione” è solo una delega più delicata (in quanto coinvolge attività ad alto impatto/valore) che richiede di solito più tempo/sforzo per essere delegata (quindi attività da insegnare con attenzione e richiedere costanti feedback, soprattutto all’inizio). “Delega” sono i soliti compiti amministrativi, le e-mail, le ricerche, i viaggi e così via – posso dire che non è necessaria una persona speciale o un sistema complesso (quindi un “mechanical turk” o addirittura completamente automazzabili, soprattutto alla luce dei recenti sviluppo del machine learning coi vari “copilot”), mentre “Sostituzione” ha bisogno di maggiore attenzione (attività sensibili come le vendite o il marketing che di solito richiedono persone esperte con cui discutere, sistemi più o meno complessi e feedback frequenti). L'”Investimento” (in se stessi, nelle relazioni o nell’azienda) è come il quadrante “Non urgente, ma importante” della matrice di Eisenhower. Infine, “Produzione” è il quadrante in cui si guadagna idealmente molto denaro e in cui l’energia fluisce, quindi in cui si desidera trascorrere il maggior tempo possibile.
Per il quadrante “Sostituzione” (quindi per la delega ad alto valore), quello che posso suggerire personalmente, in base alla mia esperienza militare, è qualcosa come una videoregistrazione o una registrazione o un tutorial, oltre alle SOP per ogni caso di studio principale, di solito di alto livello (qui aggiungerei di considerare anche parte della propria visione, almeno con un appropriato “need to know” da condividere, perché si può anche delegare a qualcuno di esterno dove occorre comunque dare un minimo di fiducia). Nei contesti militari NATO e nazionali, ad esempio, esistono diverse pubblicazioni, per ogni cosa (la più comune: su organizzazioni e sistemi, compresa la pianificazione della manutenzione e le procedure operative che anche l’ultimo soldato entrato in compagnia potrebbe seguire), di solito in modo gerarchico (ad es: 1.x.x è per le comunicazioni, 1.1.x è il sottoinsieme per le mail, 1.1.1 è relativo al sottoinsieme di modelli per le mail dei dirigenti da scrivere al capo di stato maggiore e così via). Se siete curiosi e appassionati di meta e ricorsione: sì, c’è anche una pubblicazione su come scrivere una pubblicazione.
Tornando al libro, l’autore scrive:

“Le 4 C di un Playbook, ecco il mio Playbook sui Playbook. Innanzitutto, ci sono quattro elementi essenziali: Il metodo della (video)Camera (i video di formazione), il Corso (le fasi del processo), la Cadenza (la frequenza con cui queste attività devono essere completate: mensilmente, settimanalmente, quotidianamente, ecc.), la Checklist (le attività ad alto livello minime da completare ogni volta).
Un’altra cosa che vedo che l’autore ha preso dal mondo militare è questo approccio:

  • Definite il problema da risolvere.
  • Proponete tre soluzioni praticabili.
  • Date un suggerimento dall’elenco delle possibili soluzioni.

Ovviamente, l’autore cita il principio di Pareto e altre “verità” ben note su alcuni sistemi, così come “I grandi sogni schiacciano le distrazioni” (quindi: potere della visualizzazione e della concentrazione).
Poi, l’autore spiega la sua regola empirica sui costi suggeriti per la delega, in termini di denaro: per spiegare qualcosa di semplice come “non dovresti spendere, per un’ora di compito delegato, più di 1/4 della tua ora di lavoro retribuita”, ha scritto pagine piene di esempi, scrivendo in realtà che questa “formula complicata” (del tipo: dividi il tuo stipendio annuale per 8.000 – supponendo che lavori approssimativamente 40 ore a settimana, quindi 2.000 ore in un anno) è “per tutti i miei nerd della matematica”. Davvero? Ora capisco perché ha scritto di preferire le arti e di non aver studiato affatto la matematica – ed è per questo che non lo sottolineerò mai abbastanza: fate un favore a voi stessi e al mondo, imparate la matematica di base per capire il mondo e imparare a gestirlo (ad esempio con la Data analytics). Per farla breve: se guadagnate 10 dollari all’ora, non dovreste delegare più di 2,5 dollari.

dopo aver iniziato a delegare:

  • si verrà pagati di più;
  • si apprezzerà di più il proprio lavoro;
  • si darà un lavoro a qualcun altro.

Una cosa che voglio sottolineare è che la responsabilità non può essere delegata: quando ero comandante e anche responsabile della sicurezza delle informazioni, ho delegato alcune attività, certo, ma poi ogni volta rivedevo/controllavo attentamente tutto (sperando che la revisione sia un’attività molto più veloce della ricerca e della scrittura). Quello che suggerisco, per i compiti davvero sensibili, è di implementare rapidamente una fase di QC/peer-review, meglio se all’interno di una matrice RACI.

L’autore cita anche Allan Dib: Si possono sempre ottenere più soldi, ma non si può mai ottenere più tempo. Quindi dovete assicurarvi che le cose per cui spendete il vostro tempo abbiano il massimo impatto. Ma qui le persone che abbracciano il movimento FIRE (Fisker, autore di ERE, uno di loro) potrebbero dire che non è corretto: con il denaro possiamo in realtà comprare tempo, nel senso che quando si raggiunge una certa somma di denaro si può decidere di abbandonare la propria attività (se si vuole) e quindi avere tutto il giorno per sé, con un approcciodel tutto opposto (se si risparmia il denaro che si può destinare a delegare, il 25% detto prima, si può poi accumulare abbastanza per andare in pensione prima, non c’è un modo migliore dell’altro).

Infine, suggerisce i “7 pilastri della vita”, un “foglio informativo”chat sheet” che scrive di utilizzare ogni settimana per darsi un punteggio e vedere come sta andando.

  • Salute: senza di essa, non si ha nulla. Molte persone aspettano che il loro corpo dica loro di smettere.
  • Hobby: usate la decompressione. Quelle cose divertenti per cui avevate tempo? I vostri hobby non sono solo per voi, ma per tutti quelli che vi circondano. Sono la chiave per mantenere un’ottima salute mentale.
  • Spiritualità: attingere all’energia. Non si tratta di religione, anche se può esserlo. La cosa più importante è sviluppare una connessione spirituale con il mondo circostante. Questo può significare meditazione, yoga o andare in chiesa.
  • Amici: non perdete la palla al balzo. Spesso gli imprenditori incarnano la tipica personalità di tipo A. Ma se non vi staccate dal lavoro e non iniziate a passare del tempo con i vostri amici, un giorno alzerete lo sguardo e non ci sarà più nessuno nei momenti più importanti. Le amicizie sono come i muscoli: se non ci investite, svaniscono.
  • Amore: puntate tutto sulle vostre relazioni. Dovete impegnarvi al massimo, sempre. Il termine “amore” include chiaramente le relazioni coniugali e i figli, ma credo che dovremmo estendere l’amore anche a tutti i rapporti umani.
  • Finanze: affrontate il denaro. Potete riuscire a non pensare alle vostre finanze per il momento. Tuttavia, esse vi assilleranno sempre, prosciugando lentamente le vostre energie in altri settori. Affrontate le vostre finanze.
  • Missione: sapere perché ci state provando. Le persone dicono di voler avere successo. Ma se gli si chiede: “Che cosa significa?”, non sanno rispondere. Non sanno perché la loro salute è importante, il loro lavoro è importante, o qualsiasi altra cosa è importante. Nella vostra attività, dovete ricordare la missione che vi ha ispirato all’inizio.
Immagine realizzata da me tramite Stable Diffusion XL

Alcune considerazioni

Una parte all’inizio di questo libro è per me una grande bandiera rossa: “Non sarai pienamente vivo senza essere un imprenditore, perché è nel tuo DNA. Ma se la vostra azienda sta uccidendo voi, la vostra famiglia o le vostre relazioni, con compiti che si mangiano tutto il vostro tempo e la vostra energia, non potete andare avanti così. Quindi non fatelo. Vi aiuterò a trovare un modo migliore. Questa è la storia di come ho cambiato il mio approccio e di come voi potete fare lo stesso”. Se non notate nulla di strano, vi indicherò subito cosa c’è di sbagliato:

  1. L’autore parte dal presupposto che tutti vogliano avviare un’azienda/attività;
  2. Siamo di fronte a un sopravvissuto (vedi: survivorship bias) che ci dice di aver trovato un modello generale replicabile, valido in ogni contesto. Lo stesso vale per un’altra frase dell’autore: “Le persone di successo non fanno ciò che amano perché sono ricche. Sono ricche perché hanno imparato a fare ciò che amano, e solo ciò che amano”. In questo modo, dopo aver esposto un paio di esempi con un enorme cherry picking, sta suggerendo che fondamentalmente basta seguire e padroneggiare la propria passione (vedi “So good they can’t ignore you” di Cal Newport) per diventare ricchi (di nuovo: nemmeno un più generico “di successo”, ma “ricchi” – quindi immagino che tutti gli eroi che fanno volontariato, servendo le persone con la loro esperienza, padroneggiando ciò che amano, siano qui da biasimare poiché non hanno imparato a fare SOLO ciò che amano).

In generale, uno dei problemi principali, in tutti i tipi di libri come questo, è che il presupposto è sempre quello di voler fare più soldi. Non dico che i soldi non siano importanti, ma probabilmente non è il primo obiettivo di tutti: pensate che uno voglia diventare un pompiere, un ufficiale militare, un insegnante o addirittura un missionario… per i soldi? E questi sono solo alcuni esempi, lo stesso vale per i “lavoratori medi”: si possono vedere molte storie in “Flow” di Mihaly Csikszentmihalyi, dove persone comuni erano felici senza cercare un aumento di stipendio o addirittura evitando una promozione. Certo, potremmo voler ridurre al minimo il tempo dedicato ad attività che non ci piacciono, ecco perché alcuni libri come “The 4 hours workweek” sono best seller, ma allo stesso tempo le deleghe, come anche gli “hack di produttività”, sono solo strumenti, che potremmo voler conoscere ma non necessariamente voler usare. Conoscevo persone che correvano con la macchina, in modo rischioso, solo per guadagnare 2 minuti nel loro tragitto per… perdere ore davanti alla TV spazzatura. Sembra che alcune persone siano così limitate che il loro “Ikigai” si basa solo sul massimizzare i soldi minimizzando il tempo speso per ottenere più soldi.

Confrontate questo suggerimento di delega di attività noiose con invece Thích Nhất Hạnh che gusta anche il lavare i piatti nella mindfulness (pienamente presente nel qui e ora), e con l’ERE di Fisker, dove dice esattamente il contrario: Fai da te anche per i compiti generali l’uomo medio delega. Come ho detto nel “about” di questo sito, credo fermamente che (escludendo gli aspetti fisiologici e psicologici di base che, in media, sono simili per tutti) ognuno sia diverso, con cultura/valori/obiettivi diversi, quindi sì, si possono suggerire alcuni concetti e implementazioni secondo il proprio punto di vista personale, ma solo uno stupido darebbe per scontato che tutti vogliano seguire lo stesso schema. Per intenderci, ci sono persone che ammirano Steve Jobs, altre che lo detestano, altre che vogliono vivere come Elon Musk, altre ancora che hanno una gran paura di passare anche solo 5 minuti come lui (non ho scritto “5 minuti” per caso, è proprio il modo in cui sembra dividere e programmare il suo tempo).

Come ho detto all’inizio di questo post, conosco bene l’importanza della delega, io stessa ho scoperto quanto sia potente e “liberatoria” – e anche quando pensiamo di poter fare meglio degli altri (non perché gli altri non ci interessino, ma perché siamo perfezionisti in tutto, tranne quando si tratta di definire con precisione cosa/come vogliamo che le cose siano fatte), c’è gioia nel vedere gli altri che imparano a fare le cose (o forse sono solo io, amo insegnare, osservare gli altri crescere in modo professionale e personale). Allo stesso tempo, ho visto l’effetto della mancata delega, con alcuni miei colleghi che sono andati rapidamente in burnout, poiché con il grado di solito arrivano più compiti da gestire e, questo è il punto, gestire/controllare/organizzare/controllare/supervisionare non per fare, ma per ordinare ai collaboratori di fare – se non lo si impara in fretta, si impazzisce, letteralmente, mentre le persone che si gestiscono sentono anche la frustrazione perché sembra che non ci si fidi abbastanza di loro per delegare i compiti.
Inoltre, c’è una grande differenza tra l’essere (o sentirsi) occupati e l’essere effettivamente produttivi: ecco perché dovremmo concentrarci sui compiti importanti per noi, dove possiamo esprimere anche il nostro pieno potenziale, e delegare tutto il resto: possiamo essere lenti e arrabbiati nel dichiarare le tasse, inclini a commettere errori, mentre una persona pagata per farlo può essere un professionista veloce che potrebbe anche piacerci.
Un altro paio di punti che trovo davvero controversi sono:

“La decisione di non crescere è una decisione di morire lentamente. I mercati si evolvono perché la natura umana li costringe. Susan vorrà sempre una bicicletta più veloce. Kevin vorrà sempre un iPhone migliore. Larry vorrà sempre un televisore più grande. Il DNA della crescita si esprime in ogni decisione umana. Anche se siete una piccola impresa in un mercato locale, se non vi evolvete, i vostri clienti vi lasceranno per un’opzione migliore. La crescita non è necessaria solo per l’espansione. La crescita è necessaria per la sopravvivenza” e “Forse il peggior risultato possibile di uno stallo non è solo l’abbandono dei clienti, ma anche quello dei dipendenti. Quando si decide di bloccare la crescita, si fa partire un conto alla rovescia su quanto a lungo resteranno in azienda le star. La stessa natura che spinge la piccola Susan a volere una bicicletta più veloce è la stessa natura che spinge la Susan adulta a volere una promozione, più soldi e maggiori responsabilità nella sua carriera”.
Questi sono esattamente i motivi per cui consiglio vivamente a tutti di leggere libri come “La trappola della felicità” di Russ Harris: dobbiamo combattere questo comportamento che è stato davvero utile in passato e che può essere utile in caso di vera emergenza, ma che oggi, per l’essere umano medio occidentale, è pericoloso e porta, nel migliore dei casi, a una continua insoddisfazione.
Ciò che mi ha reso anche un po’ triste è leggere, anche nel 2023, persone che scrivono: “Steve Blank ha paragonato il lavoro in una startup ai marines che combattono in guerra”. Amico, io sono stato in “aree operative” (un termine politicamente corretto per dire che ho partecipato a missioni), nessuno dovrebbe usare questa terminologia a meno che non abbia provato cosa significhi davvero, perché rischiare la vita non è rischiare i soldi mentre la notte puoi tornare nella tua casa comoda e sicura. Inoltre, diversi studi hanno suggerito, durante la nostra ultima pandemia, come paragonare le situazioni alla guerra sia qualcosa di negativo per la nostra mente. Pensavo che questa narrazione si fermasse alle pagine de “Il paradosso della stupidità” (dove i due professori spiegavano il comportamento tossico di alcune aziende, soprattutto negli anni ’80 e ’90, con le “lotte” tra Coca-Cola e Pepsi, per esempio). Lo stesso vale per un’altra frase: “Gli imprenditori sono anche risolutori di problemi a livello di Navy SEAL. Vi piace così tanto risolvere problemi enormi che se non c’è un problema da risolvere, ne inventerete uno”. Dovrebbero davvero smettere di scrivere in questo modo.

Ci sono alcune cose che credo avrebbe dovuto menzionare, come: la definizione di PKI (senza cadere nella legge di Goodhart), la gamification, l’importanza dei checkpoint (vedi Gantt) e dei feedback onesti (in entrambi i sensi: dal datore di lavoro al dipendente e viceversa) e alcuni esempi di tipologie di leader nella delega, come ad esempio:

Scarso controlloAlto controllo
Alta visioneVisionarioComandante
Bassa visioneVittima/risponditoreMicromanager

Se siete davvero interessati ad apprendere concetti e metodi migliori, vi consiglio vivamente di leggere i libri che ho citato in precedenza.

E ora, non perdiamo altro tempo, andiamo a produrre (sostenibilmente)!

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