Se stai leggendo questo articolo, probabilmente hai già familiarità con l’acronimo di fama mondiale SMART relativo agli obiettivi personali/professionali. Per chi non si è ancora mai imbattuto in questa parola, S.M.A.R.T. fornisce criteri per la definizione degli obiettivi, è un acronimo mnemonico proposto per la prima volta da George T. Doran nel 1981, per il quale un obiettivo/obiettivo dovrebbe essere:
- Specifico – mirare a un’area specifica di miglioramento.
- Misurabile – quantificare o almeno suggerire un indicatore di progresso.
- Accessibile– raggiungibile e non impossibile da ottenere.
- Realistico – indica quali risultati possono realisticamente essere raggiunto, date le risorse disponibili.
- Temporalmente misurabile – specificare quando è possibile ottenere il risultato
(Ci sono alternative per ogni lettera, come la “A” potrebbe essere assegnabile, ambiziosa, … be’, abbiamo capito il senso)
Certo, quelle “linee guida” possono essere utili per obiettivi normali fissati da persone normali nella normale vita quotidiana, ma a volte abbiamo bisogno di qualcosa in più, di qualcosa di diverso da questo standard. Non sto parlando solo di grandi capolavori, invenzioni e imperi costruiti da persone illuminate che hanno dedicato gran parte della loro esistenza per costruire qualcosa di magnifico: sto parlando di qualcosa che vorresti davvero ottenere, oltre le tue “solite” aspettative.
Di solito, va in questo modo: pianifichiamo di raggiungere alcuni obiettivi (speriamo non come i buoni propositi per l’anno nuovo, che spesso falliscono), impostiamo parametri, programmiamo una tempistica con scadenze rigorose e cerchiamo di fare del nostro meglio per seguire i nostri piani. Ma non siamo macchine, con la stessa routine e lo stesso stato meccanico (psicologico) ogni giorno; abbiamo bisogno di più manutenzione e motivazione (interiore) rispetto ai robot, e c’è di più: nonostante la nostra continua ricerca nel conoscere noi stessi, non conosciamo davvero la nostra mente (e corpo) e tutte le nostre risposte a qualche stress o imprevisto. Quindi, a volte, cercare di raggiungere quegli obiettivi può essere frustrante, quando si affronta la vita reale – e, per alcuni di noi, può anche generare un brutto contraccolpo che ci fa ridurre l’ambizione per il prossimo obiettivo (e se il realismo è una buona cosa, limitarci molto, invece, non lo è).
Cionondimeno, suggerisco un approccio controintuitivo per almeno un po’ degli obiettivi della nostra vita: fregatevene ed esagerate!
Non sto qui a dire “dream big (and fail fast)”, “be foolish” e tutta quella roba nonsense dal sapore americano così naïf e così anni 90: sono una persona pragmatica e razionale, quindi proverò a spiegarmi meglio.
Come l’utopia serve a dare una direzione (e forse raggiungerla in futuro, magri da una civiltà migliore e con mezzi innovativi che ora non immaginiamo nemmeno), così dovremmo (almeno una volta ogni tanto, in alcune aree che teniamo a cuore) darci obiettivi ambiziosi al punto di non essere realizzabili (o esserlo con molta fatica). Per fare un rapido esempio: a partire dallo scorso anno, mi son proposto di leggere 52 libri ogni anno, ovviamente un numero (per molti) abbastanza elevato: non solo rispetto alla media dei libri che una persona normale legge in un anno, ma soprattutto considerando che la quasi totalità dei titoli sono di saggistica, non narrativa, spesso roba da studiare o anche da mettere in pratica con tanto di compiti (es: meditazione o progettare la tua vita) – se sei interessato, questa è lista aggiornata di libri letti dal 2021.
Sì, l’anno scorso ho fallito e, in questo momento, sono esattamente allo stesso punto in cui, l’anno scorso, ho quasi abbandonato la lettura. Dovrei sentirmi in colpa o depresso o arrabbiato con me stesso per non aver raggiunto il risultato? “No, certo che no! Ma forse…” (come direbbe Louis CK). Scherzi a parte, non mi sento di incolpare me stesso. Se ho mancato l’obiettivo che mi ero prefissato, significa che probabilmente, nell’ultima parte dell’anno, mi stavo godendo qualcos’altro: abbiamo poco tempo, quindi concentrarsi su qualcosa significa perdere qualcos’altro. Per gli ossessionati dalla FOMO, suggerisco davvero di leggere libri come “Four Thousand Weeks: Time Management for Mortals” di Oliver Burkeman e “The Subtle Art of Not Giving a F*ck: A Counterintuitive Approach to Living a Good Life” di Mark Manson. Il punto qui è: non ho letto i libri che mi ero prefissato di leggere perché stavo facendo qualcosa di diverso dalla lettura, come suonare, disegnare, imparare qualcosa di nuovo tramite (tanti) corsi, cucinare sperimentando nuove ricette, fare escursioni, esplorare/scoprire il mondo… e semplicemente rilassarsi! Come praticante (principiante) della consapevolezza (mindfulness), sono totalmente d’accordo con uno degli ultimi studi sugli effetti positivi della contemplazione (qui il paper). Comunque sì, accetto il fatto di aver chiuso l’anno scorso con “solo” 35 nuovi libri nella mia mente (e di solito nei miei appunti), così come accetto che morirò senza aver letto grandi libri (costruendo un immenso “Antibiblioteca” come Umberto Eco – FOMO nun te temo!).
Quindi quale è il senso di questi obiettivi NON-SMART?
Proprio come per l’utopia, i nostri obiettivi “non troppo SMART” servono a darci un’indicazione e forse possono essere raggiunti da una futura versione migliore di noi stessi che avrà sviluppato altre abilità o sarà in grado di applicarle in modo più efficace. OK, ma intanto… devo accettare i miei limiti? E allora… che senso ha fissare quegli obiettivi quasi irraggiungibili? È solo un sogno ad occhi aperti?
Qui sta l’importanza di quegli obiettivi più che ambiziosi: dovremmo comunque cercare di raggiungerli, fornendoci una buona direzione e senza scoraggiarci in caso di fallimento. Dopotutto, dovremmo ricordare a noi stessi che il pavimento di alcuni è il soffitto di qualcun altro. Voglio dire: anche se spesso è meglio non confrontarci con gli altri (per evitare di cercare di stare al passo con i Joneses e altre situazioni che potrebbero portare qualcuno a insoddisfazione cronica e/o disturbi psicologici), potrebbe essere utile, in casi simili, un rapido paragone per verificare come i nostri numeri (o qualità, se non misurabili con parametri numerici) si confrontano con gli altri, tanto per avere un’idea. In questo caso, ho dato un’occhiata alla media dei libri che le persone (americane) leggono in un anno:
Quindi, in pratica, ho scoperto che il mio pavimento (35 libri in un anno) è quasi 3 volte più alto del soffitto di qualcun altro (ovviamente, il grafico sopra mostra una “media”, quindi potrebbe esserci qualcuno che ha letto 365 libri l’anno scorso; inoltre: c’è molto probabilmente un gran numero di persone che non hanno toccato un solo libro, mentre alcuni lettori voraci ne leggono certmente ben più di 25).
Quindi, anche se mi sento un po’ deluso da me stesso dal momento che non ho raggiunto il mio obiettivo, non mi vergogno di aver letto molto di più di una persona media. La mia autostima è al sicuro e posso ancora fidarmi di me stesso: è ora di pormi un altro obiettivo NON SMART! 🙂
Un’ultima parola: ci sono alcune aree in cui un obiettivo NON SMART ha senso, ma consiglio vivamente di NON applicare questo ragionamento a qualcosa di strettamente legato alla salute fisica; es.: NON cercare di fissare un obiettivo come “perderò 10Kg in un mese” senza la supervisione di un medico o di un serio professionista.
Bene, dopo aver letto questo articolo, qual è il tuo prossimo obiettivo NON SMART?
L’utopia è come l’orizzonte:
Eduardo Galeano
tu fai due passi avanti, lui s’allontana di due passi.
Tu fai dieci passi e lui s’allontana di dieci passi.
A cosa serve, allora, l’utopia?
Serve a camminare.
[…] deluso, considerato che avevo previsto di leggerne uno a settimana (quindi 52), ma – come ho scritto qui – il pavimento di qualcuno è il tetto di un altro, quindi posso un po’ consolarmi […]