Dopo aver consumato decine di libri, video, podcast, corsi e lezioni universitarie in merito ad organizzazione, produttività e “crescita personale” (un termine ombrello spesso abusato da fuffaguru d’ogni specie), ho sempre più rafforzato l’idea che non esista una ricetta magica valida per tutti per vivere meglio. Sia chiaro: esistono linee guida, princìpi, abitudini e consigli medici che mediamente ed in linea di massima sono validi per la maggior parte della popolazione, ma difficilmente è possibile adottare lo stesso identico stile di vita di un’altra persona pretendendo di ottenere gli stessi risultati e soprattutto lo stesso “stato interiore” – nessun complicato concetto metafisico: semplicemente, come dovrebbe sapere qualunque adulto, degli altri possiamo vedere soltanto gli effetti all’esterno (e di questi, ovviamente, ne vediamo solo una parte, a sua volta filtrata dalla nostra percezione e dal nostro sistema di valori ed emozioni). Non sono qui per parlare della finestra di Johari, nè della difficoltà della comprensione della coscienza al di fuori di noi (uno dei tanti argomenti affrontanti brillantemente dal fisico Faggin nel suo ultimo libro “Irriducibile“). Semplicemente, non è pensabile di “esportare” il modo di vivere di una persona con la pretesa che funzioni allo stesso modo per noi, esattamente come dovremmo aver ormai capito che non è possibile esportare democrazia in nazioni intrise di culture diverse dalla nostra. Ogni vita è unica e andrebbe conosciuta (“Una vita non esaminata non è degna d’essere vissuta”, pare abbia detto Socrate). Per quanto ci si possa ispirare alle vite degli altri leggendo le loro biografie e i loro consigli (potete trovare alcuni libri in merito, nel mio elenco, ad esempio “Tools of Titans” di Tim Ferriss), occorre stare attenti a non incappare nell’errore di credere che sia possibile emulare perfettamente i nostri modelli seguendo le loro “morning routine” e circondandoci di persone ed oggetti simili, perché il risultato potrebbe essere (a volte parecchio) diverso. Le informazioni sullo stile di vita delle persone andrebbero sfogliate come si sfoglia un libro di ricette, stando bene attenti a ricordare che ci saranno significative differenze tra ciò che vediamo (e vorremmo realizzare) e quello che realizzeremo effettivamente. Se non ne siamo consapevoli, potremmo incorrere nella stessa frustrazione che prova lui da 0:43 a 1:00, quando l’aspettativa si scontra con la realtà:
Non è (soltanto) una questione di implementazione dovuta al seguire male le istruzioni (anche perché ribadisco: le vite non si possono copia-incollare, nè possiamo/vogliamo essere costruzioni o mobili da montare), ci sono diversi fattori da considerare, proverò qui a sintetizzarne alcuni.
Gli ingredienti
Come sa chiunque abbia mai seguito una ricetta in cucina, si comincia con la parte fondamentale, ovverosia reperire gli elementi necessari all'”assemblaggio” della pietanza. E gli ingredienti sono determinanti nella buona riuscita perché potremo manipolarli come vogliamo, ma se sono scadenti o di prima qualità la differenza sarà evidente. Nel caso della vita, che ci piaccia o meno, non tutti disponiamo degli stessi ingredienti: semplificando brutalmente, abbiamo genetica ed ambiente diversi – se interessato all’argomento, puoi leggere il mio post sullo sviluppo dei bambini. Questo non ci deve scoraggiare, ma solo ricordare di non essere troppo duri con noi stessi e di confrontarci con gli altri, se vogliamo, ma senza giudicare (nè noi, nè gli altri). Se la ricetta prevede l’utilizzo di una particolare farina ottenuta da grano di un certo tipo e cresciuto in un certo clima, posso ispirarmi, ma se non riesco a reperirla posso utilizzare la farina comune dalle mie parti; tradotto: se son nato con geni meno favorevoli per quella “ricetta” e cresciuto in un contesto socioeconomico diverso da quello in cui è cresciuto il mio idolo, potrei non arrivare allo stesso risultato. Anziché essere frustrato, posso però apprezzare il risultato finale considerata la situazione di partenza non ottimale. Premesso che non è detto che chiunque voglia vivere la vita di uno degli sportivi più popolari o degli imprenditori più ricchi (o in generale di persone “di successo”, qualunque il successo sia per te), occorre fare i conti con la propria genetica, quindi con le carte che ci vengono assegnate alla nascita, anche se è possibile utilizzarne alcune più di altre (o di “attivare”/”modificare” geni, come l’epigenetica sta scoprendo). Se invece focalizziamo il discorso verso l’esterno (l’ambiente), se non disponiamo di ingredienti che ci piacciono, possiamo pur sempre cercare altrove: non siamo alberi, la maggior parte di noi può spostarsi altrove (dal centro città alla campagna o viceversa, da una nazione all’altra e così via). Certo, possiamo ancontentarci della farina di cui disponiamo qui, ma se questo ci crea continua frustrazione e davvero desideriamo realizzare qualcosa per la quale sia molto più indicata un’altra farina, possiamo anche dirigerci dove potremmo trovarla.
Le quantità
Nell’elenco degli ingredienti è quasi sempre riportata la quantità (salvo i soliti “quanto basta” e “a piacere”), ma anche in tal caso si tratta di indicazioni di massima. In termini assoluti, il concetto è semplice: non sempre “di più è meglio”e non mi riferisco al minimalismo, ma al fatto che se una ricetta è per 4 persone e io la preparo per me soltanto, il seguire le quantità per 4 porterà probabilmente ad uno spreco di risorse (comprese le mie energie) ed alla cattiva sensazione di aver lavorato più del necessario per trovarsi poi a produrre anche rifiuti oppure obbligati a mangiare la stessa pietanza per 4 volte (dilazionate nel tempo o meno). Quindi, più che all’aspetto quantitativo, suggerirei di guardare a quello qualitativo: se la persona a cui ci ispiriamo si dedica quotidianamente ad una corsa mattutina di 1h seguita da 1h di meditazione, possiamo intanto iniziare con una quantità minore, aggiusteremo la quantità totale in seguito. Ciò che però è concettualmente più importante è il peso relativo degli ingredienti (che, nel caso degli ingredienti in cucina è proprio fisicamente il peso, ma nel nostro caso si tratta più spesso di tempo). Se il mio obiettivo è realizzare un dolce, è importante non eccedere con le quantità relative di singoli ingredienti. Quando si dice che nella vita è importante diversificare (partendo da quello noto come il bilanciamento vita-lavoro, dualismo per me poco sensato, come ho spiegato qui), si intende proprio il consiglio di allocare le proprie risorse (tempo, impegno, attenzione e tutto il resto) nelle diverse attività, che possono includere lavoro, famiglia ed interessi d’ogni sorta. Non si tratta soltanto di un discorso di pericolo di un workaholic (“All work and no play makes jack a dull boy” per dirla come in Shining) che può sfociare in depressione ed esaurimento (se non peggio) se uno sbilanciamento è protratto per troppo tempo. Si tratta, come per le ricette, di “gusto: “Che sapore ha una vita non spesa?” si chiedeva infatti Battisti con le parole di Mogol in “Una giornata uggiosa“. Ricordiamoci che uno sbilanciamento può portare ad un gusto che non ci piace, in diverse direzioni: se esagero con la farina lasciando poco spazio allo zucchero (ad esempio: se mi riempio di attività lavorativa senza badare al dolce della vita, qualunque sia per me un momento dolce) avrò sì una solida struttura, ma a discapito del sapore dolce (e che razza di torta sarebbe poi? salata). D’altra parte, se esagero con lo zucchero, potrei ottenere qualcosa di stucchevole (come la sensazione di chi in ufficio tutto l’anno sogna una vacanza in un posto esotico, ma dopo due settimane lì si inizia ad annoiare). Se esagero col peperoncino, avrò qualcosa di troppo piccante persino se ho gusti calabro-messicani e così via. E come i gusti cambiano crescendo, così potrei voler cambiare le proporzioni degli ingredienti. L’importante è conoscere sia se stessi (non ripeterò mai abbastanza quanto sia importante la consapevolezza) sia gli ingredienti, sperimentando i diversi elementi e le diverse quantità.
Il tempo e l’energia
Possiamo quindi cambiare gli ingredienti e le relative proporzioni, resta il punto centrale della ricetta: la preparazione. Come avrà ripetuto chiunque nell’ambito della “crescita personale”: innamòrati del processo. Sporcati le mani (in questo caso, di farina) e vivi con piena consapevolezza il momento, qui e ora. Per la buona cucina, oltre ad ingredienti ben selezionati e nelle giuste proporzioni, servono tempo ed impegno. Tra le prime cose che ho imparato da quando cucino (e ho iniziato presto – grazie mamma per avermi permesso di darti una mano a cucinare già quando frequentavo le scuole elementari) è che, come in tantissimi àmbiti della vita, non puoi forzare i processi: cuocere una pietanza a 80°C per 1h non è la stessa che cuocerla a 160°C per 30min. Il risultato sarà inevitabilmente diverso. Già, perché non basta l’energia totale (l’impegno profuso) che ovviamente si distingue a grande linee con cibo troppo cotto/bruciato oppure crudo / non terminato. Una cottura troppo rapida può portare ad una bruciatura esterna lasciando l’interno troppo crudo (salvo i casi in cui l’effetto sia voluto), oppure a spaccare la crosta del dolce e rovinarlo irreparabilmente (certo, si potrà camuffare in seguito coprendolo, ma le crepe resteranno). Se vuoi prepararti ad una vita di un certo tipo (e mantenere un certo stile di vita), dedicarsi con costanza per un tempo prolungato produrrà effetti diversi, ma a volte sarà anche necessario uno sforzo intenso in un breve periodo. Cottura lenta con una finitura veloce su griglia ad alta temperatura (per gli amanti della bistecca cotta in modalità “reverse searing”). Un po’ maratona e un po’ i 100m piani, una cosa non esclude l’altra (come una materia ben studiata durante l’anno e con un cramming in accelerazione finale verso gli ultimi giorni prima dell’esame). A volte è il contrario: potremmo volere fiamma alta per “sigillare” (reazione di Maillard) le nostre patate o la nostra cacciagione prima di brasare. Occorre essere flessibili ed adattarsi ai vari casi e ricordare che anche qui potrebbe essere questione di gusti! Prenditi il tuo tempo e… sì, hai indovina, anche qui il trucco è conoscere e sperimentare.
Gusta e condividi
Una volta che hai sperimentato nuovi ingredienti e nuove ricette, ricordati di gustare anche con piena consapevolezza ciò che con tanta fatica hai realizzato e, se ti va, condividi sia la ricetta sia quel che hai preparato!
Non mi resta che augurarti di sperimentare ricette con i migliori ingredienti di cui disponi e con la quantità di impegno che riterrai opportuna. Bon appétit!