Perché siamo così superficiali?

Più leggo di come funziona la nostra mente e di come ci siamo evoluti e più osservo che ci stiamo allontanando dalla comprensione dei principi primi; sembra che continuiamo a “mordere” le cose intorno a noi, mangiucchiando rapidamente un po’ di tutto nel buffet di informazioni del mondo all-you-can-eat costruito nell’era della conoscenza.
Non ci immergiamo in profondità alla ricerca di tesori nascosti, ci limitiamo a galleggiare in superficie, costantemente alla ricerca di nuovi luoghi da raggiungere, ma muovendoci sempre e solo in orizzontale, senza chiederci “Perché stiamo galleggiando? Cosa c’è sotto?” e così ci perdiamo la bellezza di fauna marina, alghe, coralli, relitti di navi, scrigni pieni di ricchezze e forse addirittura un completo mondo sott’acqua, con le sirene. Va bene, ora lasciamo stare un attimo le sirene di Atlantide e torniamo con i piedi sulla terraferma. Perché siamo così superficiali?

Se non ti insegnano a domandarti oltre…

“Iniziare col perché”? Nah, inizia con “come”, attraverso un semplice tutorial, in pratica copiando tutto come fanno alcune scimmie (non voglio offendere le scimmie, alcune di loro sono più capaci di fare domande). Alcuni insegnanti ti chiedono di memorizzare la formula per risolvere un’equazione di secondo grado, senza spiegarne il motivo. Perfetto per sviluppare una mentalità aziendale da esecutore di ordini. Per trovare la dimostrazione della formula, ho dovuto cercare tra i libri di scuola media di due generazioni fa! Ovviamente nessuno me lo aveva chiesto, ero solo curioso di capire perché si risolvessero in quel modo.
Chiedere “Cinque (iterativi) perché” come fanno i bambini, nel tentativo di comprendere meglio tutti i meccanismi alla base di una determinata azione? No, la prima risposta breve che riesci ad ottenere è più che sufficiente. Dopotutto, durante gli anni scolastici, hai imparato che ricordarsi un unico semplice concetto per rispondere alla domanda dell’insegnante “Quando è avvenuta la Rivoluzione francese?” va benissimo per superare l’esame a pieni voti, non devi “perdere” il tuo tempo per approfondire e collegare i punti. Non solo stiamo limitando il potenziale di così tanti ragazzi, con le loro menti inscatolate in domande a scelta multipla, ma stiamo creando generazioni di giovani troppo sicuri di loro stessi e che scambiano il nozionismo per conoscenza e cultura.
Posso dirvi che il miglior periodo di apprendimento della mia vita non è stato né negli anni scolastici, né all’università, né nei tantissimi corsi che ho seguito successivamente. Il momento migliore è stato quando ero con un mentore (un colonnello che lavora come esperto di intelligence e sicurezza informatica) che ha “invitato” me e una dozzina di miei colleghi, selezionati e formati, a risolvere problemi nei fine settimana, spronandoci a percorrere un miglio in più del dovuto. Il fatto che fosse durante il fine settimana era un vantaggio: eravamo volontari e svolgevamo quelle attività extra mentre intanto la settimana lavoravamo, quindi sabato e domenica erano giornate proficue per fare ricerche e “deep work” per analizzare meglio il problema e trovare soluzioni. Non si trattava di leggere una lezione e rispondere a domande correlate, ma di capire cosa ci veniva somministrato, senza spiegazioni come un enigma, e risolverlo. Pensiero critico, pensiero laterale… in breve: pensare. Ho passato l’estate intellettualmente più stimolante della mia vita: tanti sacrifici, tante frustrazioni, ma tante soddisfazioni e tanti risultati anche a lungo termine. Grazie ancora, “G.”.

Prendi l’informazione e scappa

Probabilmente hai colto la citazione del primo film diretto (oltre che scritto e interpretato) da Woody Allen, “Prendi i soldi e scappa”. Nel film (niente spoiler) il protagonista non aveva “fondamenta solide” per intraprendere il mestiere di ladro e quindi il risultato è spesso tragicomico.
Ho scoperto che lo stesso accade per molte persone. Con un libro di aforismi puoi fingere una cultura superficiale adatta a qualche “chiacchiera da bar”, puoi intrattenere persone superficiali in una serata e magari anche apparire intelligente e impressionare qualche potenziale partner occasionale per risolvere la nottata, ma questo non ti rende assolutamente uomo/donna di cultura, dal momento che non avrai una chiara comprensione di ciò di cui stai parlando. Alla prima domanda seria da parte di una persona colta, la tua facciata crollerà, come gli edifici di cartone di un set cinematografico di Hollywood al primo colpo di vento.

Parlando invece di lavoro: se sei abbastanza bravo da venderti discretamente bene per superare i colloqui, quando otterrai la posizione lavorativa non sarai in grado di capire i processi di quello che farai, ma nella maggior parte dei casi comunque sopravviverai. E sarai sempre all’inizio della salita dell’effetto Dunning-Kruger, quindi la tua autostima non ne risentirà, non vedrai che dietro la collina c’è un mondo di cose da studiare che non immagini nemmeno.

Non c’è bisogno di seguire la tecnica di Feynman: Feynman ha vinto il premio Nobel per la fisica nel 1965, ci ricorda un periodo in bianco e nero e la fisica è una faccenda noiosa adatta ai nerd… perché non segui invece qualche guru figo che ti dice che basata semplicemente acquistare un corso facile e veloce da lui per afferrare rapidamente il segreto per diventare un esperto in tutto ciò che vuoi e iniziare a fare un sacco di soldi? Dietro il mio sarcasmo ci sono anche tutti i corsi di 2 ore con il “certificato di completamento” (senza nemmeno un test rapido) che molte persone mostrano con orgoglio sul proprio profilo Linkedin e sul proprio curriculum.

La società occidentale punta a vivere velocemente, bruciare tutto, non perdere tempo a fare domande “inutili” per trovare delle risposte profonde. La filosofia è buona solo perché può essere usata per scrivere alcune citazioni abusate sotto un’immagine che mostra un paio di natiche in una festa “esclusiva” di fantasia (dove l'”escluso” è generalmente il cervello, poiché mettono molto stress sull’abito e sul corpo, ma non su ciò che contiene).

Non provare nemmeno ad avvicinarti all’ingresso delle profonde tane del bianconiglio, potresti rischiare di uscirne con un forte mal di testa: la ricerca di un senso può finire per tormentarti con dubbi senza risposta. Non leggere “L’uomo in cerca di senso” di Viktor Frankl, ma distraiti ogni momento! Se per sbaglio ti capita di avere una curiosità, cerca la risposta breve su un motore di ricerca, leggi la prima frase che ti fornisce un sito web di dubbio valore, pieno di contenuti sponsorizzati, ma rigorosamente “ottimizzato” SEO per comparire prima di fonti autorevoli, ma poi chiudilo rapidamente! Hai finito e ora puoi continuare a guardare serie insignificanti o uscire per un paio d’ore di banali chiacchiere vuote.
È come avere a disposizione migliaia di biblioteche pubbliche proprio davanti a noi, con libri sullo scibile umano e di più (non esagero: prova a cercare un argomento molto specifico e ultra-stretto di tuo interesse in Google Scholar e vedrai innumerevoli pagine di articoli accademici e numerosa saggistica), ma invece leggiamo la prima pagina del primo libro che troviamo, poi la chiudiamo di corsa, per uscire di nuovo fuori dalla biblioteca, tornando in strada dove possiamo trovare qualcuno pronto a divertirci con spettacoli di giocoleria o allietarci con barzellette sporche.

Sempre più lontano dalle basi

Andare in profondità richiede tempo e fatica; purtroppo alcuni esperimenti (non divulgati troppo al grande pubblico generalista) mostrano che alcune persone preferiscono provare dolore invece di pensare (vedi “Forced choices reveal a trade-off between cognitive effort and physical pain”, Vogel et al., 2020) o anche a ricevere elettroshock piuttosto che rimanere in silenzio con i propri pensieri per meno di 15 minuti (come riscontrato in 11 studi analizzati in “Just think: The challenges of the disengaged mind”, Wilson et al., 2014 su “Science”). Sì, forse aveva ragione Blaise Pascal quando scriveva “Tutti i problemi dell’umanità derivano dall’incapacità dell’uomo di starsene tranquillamente seduto in una stanza da solo”.

Meglio scorrere senza sosta qualche social network a veloce rilascio di dopamina, dove puoi trovare pettegolezzi, pulcini provocatori e gattini carini (dopotutto, Internet e il Web sono stati costruiti per questo – ho ragione, cari DARPA e Tim Berners-Lee?).
Oh, parlando di social e Internet: per alcune persone si tratta di 2 entità completamente separate; qualcuno dice “Oggi non usavo Internet, usavo solo Facebook”. Nella loro mente, il modello è: “Facebook è una cosa, ad esempio è qualcosa a cui posso accedere cliccando sull’icona dell’app; Internet è un’altra cosa, ad esempio Internet è il browser dove posso vedere i siti web che accedo dopo aver cliccato su un motore di ricerca”.

L’astrazione, nascondendo agli utenti tutti i livelli sottostanti, può essere una buona cosa, può migliorare la “user experience”, ma ci stiamo riducendo come alcuni bambini: sapevate che alcuni bambini piccoli nei paesi poveri pensano che il riso cresca sopra la testa delle loro madri, visto che le loro madri ricevono aiuti umanitari (come il cibo) dalle Nazioni Unite e da alcune ONG, poi tornano a casa dove i bambini vedono il cib portato sopra le loro teste? Uno può pensare “forse è perché vivono lontani da una elementare istruzione di base”, ma nelle nostre grandi città occidentali la situazione non è poi così diversa: alcuni bambini credono che il latte cresca sugli alberi, direttamente nella loro confezione, già pronto da bere.

Nel mio caso personale, ad esempio, quando parlo con persone che non hanno nemmeno una conoscenza di base della tecnologia informatica che utilizzano ogni giorno, è piuttosto strano ed osservo quelle persone nello stesso modo in cui penso ai bambini di cui sopra. Anche prima di iniziare a studiare informatica all’ITIS, ero abituato a osservare e leggere attentamente, ad esempio notavo che i computer (lentamente connessi a 56K) scrivevano, nella parte inferiore di un browser web, “risolvendo l’indirizzo…”, quindi ero curioso di sapere cos’era questa “risoluzione” (così ad esempio ho scoperto DNS, indirizzi IP e tanti altri concetti e sistemi che all’epoca per me erano assolutamente “inutili” in senso stretto – ma a distanza di anni son diventati una base per il mio lavoro). Con l’astrazione, un altro regalo fornito nella “buona esperienza utente” è la riduzione e la semplificazione dei problemi: quando gli utenti visualizzano il famoso “404”, c’è la speranza che qualcuno di loro possa iniziare a chiedersi “qual è il significato di questo 404? Perché tutti i siti web usano questo codice?” ed iniziare a soddisfare le proprie curiosità. Se, invece, viene visualizzata una “pagina migliorata” in linea con lo stile del proprio sito web, senza codici nè altro, un utente perde la preziosa occasione di conoscere uno dei meccanismi fondamentali di Internet (le risposte HTTP) che possono rendere l’utente più consapevole di ciò che sta utilizzando, scavando un po’ nei meccanismi. Tutto ora sta andando nella direzione di una scatola nera, come gli smartphone in cui non puoi nemmeno vedere che all’interno c’è una batteria, ti fidi dell’icona che ti ricorda che il telefonino ha una pila. Certo, puoi ancora usarlo, ma ti manca la “connessione” allo strato fisico, quindi al mondo reale (e, in questo caso, tangibile). Ancora una volta: diventiamo come i bambini a cui manca il legame tra le mucche e il latte che quei bambini bevono.
Un ultimo aspetto legato all’astrazione è l’integrazione: gli “utenti” (io preferisco ancora riferirmi a loro come persone) non vedono più i confini. Non è che abbiamo abolito i confini tra i sistemi (sono un professionista della sicurezza informatica, posso garantire che i confini nei sistemi esistono e sono fondamentali), è solo che l’esperienza è così “liscia” che un utente/persona non percepisce più alcuna “interruzione” quando fa/vede qualcosa, e tutto è mescolato, quindi non si è più consapevoli di utilizzare diverse tecnologie e diversi componenti di terze parti. Sempre parlando di Internet, ad esempio, si possono utilizzare estensioni del browser come Wappalyzer o Lightbeam, per vedere quanti domini e quanta tecnologia si utilizzano per un singolo sito web. Discorso analogo per quasi tutto ciò che è di uso quotidiano nelle nostre vite.

Questo non è solo qualcosa che riguarda gli aspetti più tecnici. Ad esempio, uno dei malintesi più diffusi sulla mindfulness è che si tratta semplicemente di una sequenza di rituali e di una serie di meditazioni in cui si impara a “non pensare”. In realtà è il contrario: aiuta ad acquisire maggiore consapevolezza. Uno degli esercizi è proprio iniziare a guardare le cose in modo diverso, con attenzione, più o meno come un bambino che vede e tocca qualcosa per la prima volta. Diamo tutto per scontato, questo è il modo per non capire niente e non cercare di migliorare nulla (o, peggio ancora, di provare a migliorare qualcosa senza capire, quindi probabilmente interrompendo qualcosa ma non per sempre). Invece, con consapevolezza e prestando attenzione ai dettagli, si impara a ragionare ed apprezzare tutto ciò che invece prima non si vedeva/notava.

Ci diciamo di non aver tempo per indagare le cause profonde di oggetti, processi e situazioni, qualora non strettamente necessarie (es.: se sei un project manager, probabilmente utilizzi il diagramma a lisca di pesce di Ishikawa per identificare alcuni fattori, ma solo per scopi estremamente pratici nella tua attività, non c’è tempo per applicarlo al resto!).
Nella prospettiva utilitaristica del rapporto costo/beneficio, possiamo sacrificare completamente tutte le conoscenze che non servono al nostro lavoro e al nostro hobby (se ne abbiamo uno), scartando tutto il “non necessario”: è solo una perdita di tempo, fatica e spreco di “spazio nella testa”.

Realisticamente, io sono per un compromesso, con un approccio pragmatico: non parlo di conoscere all’estremo ogni singolo principio, perché altrimenti non basta davvero una vita per capire anche solo perché respiriamo, ma fino a un certo livello: c’è un differenza tra rimanere in superficie e conoscere un po’ di più le cose sottostanti, al punto che forse non arriverai a toccare i coralli sul fondo, ma almeno potrai vederli, sarai consapevole della loro esistenza!

E se davvero pensi che entrare nei dettagli non sia importante, posso dire che invece sarà proprio questo a fare la differenza tra un pigro semianalfabeta in un lavoro ripetitivo in un call center (che sarà presto sostituito dai robot) e chi invece sarà capace di pensare tra sistemi complessi.

Solo questione di (“non avere”) tempo?

Una volta c’era molto tempo tra un evento e l’altro, tra un’informazione e l’altra; non c’erano tanti libri e tante info e si aveva tutto il tempo per riflettere con calma (forse approfondirò la lentezza in un altro post), tempo per sedersi, far sedimentare la nuova conoscenza appresa e riflettere, tempo per elaborare le informazioni, per codificare, memorizzare e collegare ad altre informazioni già acquisite.
Immagina se Leonardo da Vinci o Galileo Galilei avessero osservato solo le cose in superficie senza chiedersi come funzionassero. Il loro “genio” non consisteva in un cervello soprannaturale, ma nel chiedersi il perché alcuni fenomeni si verificassero in quel modo. Stiamo creando persone senza spessore, che guardano passivamente senza osservare. La capacità di attenzione si è ridotta a pochi secondi, se un videoclip non cambia continuamente, si cambia canale, si scrolla di continuo alla ricerca di video frivoli ma pieni di lucine cangianti e suoni buffi.

Pretendiamo tutto e subito, vogliamo una conoscenza Prêt-à-Porter, un pacchetto pronto uso di informazioni essenziali ammassate rapidamente e con noncuranza da un ensemble di esperti in materia (o sedicenti tali). In informatica, ad esempio, ora ci sono molte persone che si iscrivono ad alcuni corsi post-master in cui il titolo è più lungo del contenuto stesso. Un programma che contiene dozzine di buzzword secondo la moda del momento, quindi si osservano corsi di 3 mesi su “Blockchain e NFT e Criptovalute e Cybersecurity e Big Data e Data Science e Intelligenza Artificiale e Social Media Strategy e Internet of Things e Sistemi di Controllo Industriale e Intelligence e Smart Cities e Mobile Apps e…” (il corso termina prima di avere la possibilità di leggere l’indice del programma). Quindi, in pratica, i reclutatori stanno assumendo persone che hanno studiato giurisprudenza o scienze politiche (o casualmente anche facoltà STEM, a volte, ma in campi completamente diversi), ma poi finiscono con qualcuno che è impostore (non parlo della sindrome, ma di impostori veri), un fantoccio di paglia che non riesce a capire nemmeno cosa sia un operativo sistema. Quindi, le aziende si ritroveranno qualcuno inutile (o anche dannoso) come intermediario tra tecnici seri qualificati e l’alta dirigenza; qualcuno che non ha mai visto una riga di codice e non riesce a capire una sola parola di quello che dicono i suoi colleghi ma… ehi, può andare dal consiglio direttivo per ripetere tutte le parole fantastiche che ha imparato nel corso di 3 mesi!

Se ti concentri troppo sull’iniziare a costruire in cima, prima di costruire le tue fondamenta, la tua palazzina crollerà. Prima di darti alla specializzazione del momento, prendi in mano un libro di architettura dei calcolatori e di reti. Uno di loro, di recente, mi ha detto: “Ma io non toccherò mai un computer”; gli ho risposto: “Ti faresti mai ricoverare in un reparto ospedaliero gestito da uno che non sa nemmeno cosa sia medicina?”.

Molti di noi sono troppo sicuri di quanto comprendiamo le cose (vedi: “Reflecting on Explanatory Ability: A Mechanism for Detecting Gaps in Causal Knowledge”, Johnson et al., 2016)) e questo potrebbe spiegare perché pensiamo che una certa quantità di conoscenza sia più che abbastanza. Ad esempio, se chiedi ad un adolescente in merito all’app “Tik Tok”, la risposta più comune sarà “Certo che so come funziona!”; quasi tutti pensano che sia una domanda banale e presto inizieranno a mostrarti tutte le funzionalità e le pagine all’interno dell’app. Ma probabilmente non hanno la più pallida idea di come l’applicazione interagisca con il sistema operativo e di come i dati vengano scambiati tra loro e i server a cui sono connessi (vedono Internet come un cloud, forse letteralmente muna nuvola, dato che sono connessi “all’aria”, ignorando tutti i dispositivi fisici di rete e i data center).
Quello che mi impressiona è la mancanza di curiosità su come funzionino le cose che usano.
Qualsiasi cosa, compreso l’uomo, è una scatola nera, un sistema fisico con input e output (sperando che l’output sia più o meno coerente, purché non ci sia un’intelligenza artificiale che fornisca risposte inaspettate). Non ci si chiede cosa ci sia nella scatola, non interessa perché e come vengono fuori quei risultati, è così e basta.
Molte persone hanno una curiosità morbosa per faccende triviali, ma in pochi sembrano voler scalfire la superficie di tutte le cose che vengono date per scontate.
E tutto ciò è preoccupante perché porsi domande è alla base del pensiero critico. Sempre meno persone si faranno domande significative, quasi nessuno sfiderà lo status quo. Quindi vivranno una vita non esaminata che non è degna d’essere vissuto (come pare abbia detto Socrate) e saranno facilmente manipolabili da qualsiasi ministero della propaganda o da qualsiasi “ministero della verità” che parli attraverso armi di distrazione di massa.

Immergiti nella conoscenza!

Sì, lo so, non è facile. Nelle parole di “Sensorium” degli Epica:

Being conscious is a torment; the more we learn is the less we get.
Every answer contains a new quest; a quest to non-existence, a journey with no end

Cionondimeno, ne vale il sacrificio. Prendi tempo e coraggio, quindi immergiti.
Non restare troppo in superficie, girovagando per l’oceano senza nemmeno arrivare in un porto con una direzione precisa, sempre attratto dai recenti punti cospicui che vanno di moda in questo momento (grattacieli costruiti per attirare chi non vuole avvalersi delle stelle, che rappresentano invece i nostri profondi valori interiori che dovrebbero guidarci nella giusta direzione); meravigliosi coralli e inestimabili tesori giacciono in profondità, sul fondale del mare. Prenditi del tempo per prepararti ed esplorare nel dettaglio, non accontentarti di seguire la ricetta come un cuoco mediocre: sii uno chef, cerca di capire bene ogni elemento presente in cucina, sperimenta ingredienti e strumenti, immergiti nel deep work in uno stato sublime di flow, non impiegare solo 5 minuti a seguire un po’ di tutto (poiché la continua distrazione con le infinite notifiche ti ha abituato a passare da un pensiero superficiale all’altro). Può andare bene raccogliere idee sparse da vari tweet o anche da una notizia estemporanea ascoltata alla radio, ma al momento raccogli ciò che stuzzica la tua attenzione, magari dedica la fine della giornata (come consiglia il metodo GTD di David Allen); nel frattempo, prendi appunti su pezzi di carta di fortuna e immagazzinali nello zettelkasten del tuo secondo cervello. Ma poi, quando hai tempo, fai funzionare i tuoi neuroni, prenditi un momento, un frammento di tempo (chunk) ininterrotto (usa la tecnica del Pomodoro o quello che ti aggrada), bloccando tutte le distrazioni e notifiche (che siano telefoniche o altro) e collegando i punti, per creare conoscenza come una rete, non compartimentata. Occorre un po’ di impegno per liberarci dal nozionismo che purtroppo la scuola insegna: una piccola formula per l’ipotenusa (senza forse nemmeno la dimostrazione), poi un po’ di dati storici sugli eventi (che vengono dimenticati dopo 10 anni o anche molto più rapidamente, rendendoci ormai inadatti a superare un esame di quinta elementare; non mi credi e vuoi un esempio? Adesso, senza cercare su Google, prova a ricordare: quando è avvenuta la battaglia di…? Nomina un paio di libri scritti da… – vale per tutto: scienza, matematica e tutte le materie affrontate alle elementari). Siamo diventati come i bambini piccoli che provano 20 diversi sport e attività senza appassionarsi a nulla e se ne vanno dopo le prime lezioni.

“Non so qual è il problema con le persone: non imparano comprendendo, imparano in un altro modo, a memoria o qualcosa del genere. La loro conoscenza è così fragile!” (Richard Feynman)

Fai un favore a te stesso, attieniti alle basi e usa il potente strumento avanzato per eccellenza: il tuo cervello. Ora vai ed esplora: un mondo di meraviglie da scoprire ti aspetta!

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